Le vittime umane della caccia

I dati sono, grosso modo, gli stessi ma le interpretazioni, come sempre, inconciliabili. Per l’Associazione Vittime della Caccia, che ha presentato ieri a Roma il suo dossier annuale (consultabile on line), la stagione venatoria si è chiusa con un bilancio di 11 morti e 75 feriti (due minorenni), mentre per Face Italia (sigla che unisce varie associazioni di cacciatori, Federcaccia, ANUUMigratoristi, Enalcaccia, Libera Caccia) e per il Comitato Nazionale Caccia e Natura (CNCN) i deceduti sono stati 13.  

E se per l’associazione delle vittime si tratta di numeri più che sufficienti per considerare la caccia un’attività altamente pericolosa, per i cacciatori quelle cifre, anche con i due morti in più, dimostrerebbero invece che le doppiette non sono poi così rischiose. Non più di quanto lo sia sciare, per esempio. “Dal 1° settembre al 30 dicembre 2011, i morti sulle piste sono stati 15”, commenta Mauro De Biagi responsabile ufficio stampa di CNCN.

Ognuno la vede a modo suo. L’unico punto di incontro potrebbe essere l’innegabile dato positivo di quest’ultima stagione venatoria: rispetto a quelle passate il numero dei morti si è ridotto della metà. Erano 25 nel periodo 2010/2011, 23 nel 2009/2010 e 24 nel 2008/2009.  

Ma l’associazione delle vittime non può accontentarsi di questo risultato. Per varie ragioni: perché il numero dei feriti è rimasto identico rispetto allo scorso anno, perché l’anomalo lasciapassare concesso ai cacciatori dall’articolo 842 del codice civile per entrare nei fondi privati è ancora in vigore, e infine perché gli incidenti che coinvolgono i non cacciatori sono ancora troppi. Un morto e 13 feriti tra chi tutto faceva tranne che cacciare.

Sono questi infatti gli episodi del dossier che colpiscono di più. A partire dal raccoglitore di funghi scambiato per una preda e ucciso nei boschi in provincia di Frosinone, passando per la donna di 40 anni che mentre corre nella “Marcia dei tre argini” in provincia di Piacenza viene colpita a una gamba da tre pallini da caccia. C’è poi l’agricoltore ferito da un proiettile mentre lavora nel campo, il ragazzo sul motorino raggiunto da un colpo di fucile, il ciclista trivellato con 40 pallini di piombo. E l’agente della forestale, esperto di antibracconaggio, colpito a una gamba da quattro pallini. La maglia nera per pericolosità va alla Sardegna con 3 morti e 12 feriti.

“Danni collaterali che, al di là delle nostre convinzioni personali sulla caccia, dobbiamo fare di tutto per prevenire” dice Donatella Poretti, parlamentare radicale, intervenuta alla presentazione del Dossier. “Ho intenzione di presentare un’interrogazione parlamentare per chiedere al governo di impegnarsi con campagne di sensibilizzazione e, soprattutto, con la revisione dell’articolo 842 del codice civile che considero una deroga al diritto della proprietà privata sancito dalla Costituzione”, dice la senatrice.

I dati presenti nel dossier sono ricavati da una scrupolosa rassegna stampa nel periodo che va dal 1° settembre 2011 al 30 gennaio 2012. Sono stati conteggiati, in un capitolo a parte, anche gli incidenti in ambito extravenatorio, ossia i morti e i feriti causati da armi da caccia in contesti diversi dall’attività venatoria. Le liti in famiglia o tra vicini che si risolvono a colpi di fucile, per intenderci. In questa categoria rientrano 16 morti e 7 feriti. È la parte più contestata del dossier perché, sostengono i critici, quegli episodi dovrebbero rientrare nelle statistiche sulla criminalità comune e non in un dossier sulla caccia.

“Siamo consapevoli della parzialità di questi dati”, risponde l’Associazione nell’introduzione al capitolo, “ma riteniamo comunque utile mantenere una finestra aperta sull’uso improprio delle armi da caccia e su come la detenzione di fucili a uso caccia favorisca la circolazione di armi e la sua familiarità da parte di vari soggetti, minori inclusi”.

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