Categorie: Società

Le voci degli antropologi

Ugo Fabietti, Francesco Remotti (a cura di),
Dizionario di Antropologia
Zanichelli, Bologna 1997,
pp. 992, Lire 110.000

Avuncolato, Baratto, Couvade. Anasazi, Bantu, Crow. Area study, Base line, Case study. Ecco a voi, signori, l’ABC dell’antropologia. Ma che cosa si intende per antropologia oggi in Italia, e quale spazio questa disciplina si è ricavata all’interno delle scienze sociali? Questo è l’interrogativo che i curatori Ugo Fabietti e Francesco Remotti affrontano nella breve premessa al “Dizionario di antropologia”, ultimo figlio della oramai numerosa famiglia di dizionari Zanichelli.

Un interrogativo più che legittimo, visto il limitato sviluppo che gli studi antropologici hanno avuto nel nostro paese e le poche scuole che ancora oggi esistono in Italia. Se si guarda però al problema da una prospettiva più ampia, la risposta a questo interrogativo può forse sembrare un po’ anacronistica. La giustificazione da parte dei curatori dell’uso del termine antropologia come completamento e riflessione teorica sui dati forniti dallo studio etnologico e la necessità da essi avvertita di utilizzare dei sottotitoli (etnologia, antropologia culturale, antropologia sociale) per individuare più chiaramente la disciplina, sembrano poco in sintonia con le recenti riflessioni che tendono, per così dire, a destrutturare sempre più una disciplina dai contorni mai ben definiti.

Sta di fatto però che, nonostante i dubbi, le perplessità e le difficoltà a incanalare in un unico ambito tutti quegli studi che hanno per oggetto la specie umana e la sua cultura, in quasi due secoli di vita “consapevole” l’antropologia si è creata un proprio vocabolario, un gergo, oppure ha preso in prestito dei termini da altre discipline, per poi riutilizzarli in maniera originale. E forse proprio il vocabolario, con tutto l’insieme di idee, concetti e riflessioni che porta con sé, testimonia l’esistenza di una disciplina la cui definizione e collocazione precisa saranno probabilmente sempre controverse.

Il fatto dunque che sia stato realizzato il primo dizionario diretto e scritto interamente da studiosi italiani prova come finalmente anche in Italia si sia avvertita la necessità di un’opera di riferimento per orientare il lettore attraverso nozioni, concetti, nomi di personalità e istituzioni che hanno dato vita, per dirla con Sperber, al “sapere degli antropologi”. Possiamo forse sperare che finalmente nel nostro paese i temi dell’antropologia e dell’etnologia raggiungano la diffusione di cui godono in altri paesi?

Le oltre 2500 voci di cui si compone il dizionario curato da Fabietti e Remotti e la maneggevolezza del volume lo rendono infatti adatto a soddisfare le curiosità non solo di studenti e “addetti ai lavori” ma anche di un pubblico più vasto. Al lessico delle scienze dell’uomo, alla descrizione delle popolazioni che per anni hanno costituito l’oggetto privilegiato degli studi etnografici e delle aree culturali di maggiore rilevanza, si affiancano le biografie dei maggiori studiosi, classici e contemporanei, e la presentazione delle principali scuole.

L’elenco ragionato di tutte le specializzazioni in cui l’antropologia ha saputo ramificarsi, nonché degli strumenti della ricerca etnografica, è completato dalla presentazione delle istituzioni che hanno favorito tali studi, delle riviste che ospitano i risultati delle ricerche, dei musei che raccolgono materiale etnografico: dai rinascimentali “armadi delle meraviglie” ai moderni musei della civiltà contadina. Ogni voce è completata da una bibliografia ragionata, realizzata, anche a detta degli autori, con rigore estremo affinché costituisca un vero invito e un concreto aiuto all’approfondimento e alla ricerca.

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