Lep: cronaca di una chiusura annunciata

Qualcuno ci ha sperato fino all’ultimo, sognando di rinviare ancora il momento di spostare l’interruttore su “off”. Ma dopo un prolungamento di circa due mesi rispetto alla data prevista, l’8 novembre scorso il Direttore generale del Cern Luciano Maiani ha pronunciato la sentenza definitiva: il Lep chiude. Tutte le energie del laboratorio svizzero vanno nella costruzione del nuovo e più potente Lhc (Large Hadron Collider). Ma non senza qualche rimpianto. Perché in una sorta di canto del cigno, negli ultimi due mesi di vita, spinto fino a raggiungere un’energia di 209 GeV, Lep ha consentito di osservare tracce del bosone di Higgs, la particella elementare che da parecchi anni ormai sfugge ai ricercatori che le danno la caccia. Così un nutrito gruppo di studiosi chiedeva di prolungare di circa un anno l’attività dell’acceleratore per spingerlo a energie ancora maggiori nel tentativo di inchiodare finalmente il bosone di Higgs. Senza correre il rischio che la particella venga scoperta al Fermilab di Chicago, proprio mentre al Cern Lep è smantellato e Lhc che ne deve prendere il posto non è ancora ultimato. In lunghe e sofferte discussioni il Consiglio direttivo del Cern ha valutato sia gli aspetti scientifici che economici (per esempio le penali da pagare ai costruttori delle sofisticate componenti di Lhc in caso di ulteriori ritardi nell’inizio dei lavori) e alla fine ha vinto la linea dello stop. Per conoscere i retroscena di questa scelta così difficile Galileo ha intervistato proprio Luciano Maiani.

Allora, professor Maiani, come siete arrivati alla decisione di chiudere Lep?

“La questione del continuare o meno gli esperimenti con Lep è stata discussa in diversi comitati consultivi. Per cominciare c’è il Lep Commitee, che giudica tutte le attività dell’acceleratore ed è stato il primo coinvolto nella discussione subito dopo la presentazione dei dati con le tracce dell’Higgs. Già all’interno del comitato non è stata raggiunta una visione unanime della situazione, e per questo si è preferito presentare i fatti, affermando comunque che se Lep fosse stato considerato in isolamento, cioè come macchina a sé, sarebbe stato opportuno proseguire. Tuttavia, inserendo Lep in un contesto di ricerca più ampio, non è pervenuta una indicazione di andare avanti a tutti i costi. Nella discussione è naturalmente intervenuto il Research Board, che mette insieme sia i presidenti dei comitati scientifici sia il top management del Cern e quindi considera sia le istanze scientifiche, sia le strategie generali del laboratorio. Anche in questa commissione non c’è stato un consenso unanime e tutto è stato rinviato al Direttore. Infine è intervenuto il comitato della politica scientifica che ha deliberato in modo informale di tenere conto della maggioranza, che era per chiudere il Lep, e proseguire con i lavori di Lhc”.

Ma hanno pesato di più le valutazioni scientifiche o quelle economiche?

“Abbiamo stimato che proseguire con il Lep per un altro anno sarebbe stato rischioso. Perché non si trattava di rifinire un risultato, quanto di acquisirne uno nuovo con una grado di confidenza maggiore. E non c’era la certezza che questa confidenza si sarebbe raggiunta. Inoltre, abbiamo giudicato che questa decisione avrebbe portato a Lhc un ritardo secco di un anno, con un margine di costo ulteriore assolutamente non trascurabile. Dopo queste valutazioni complessive abbiamo deciso di non prolungare l’attività di Lep e andare alla costruzione di Lhc più velocemente possibile”.

Quanto ha influito il fatto che il Lep sia un acceleratore vecchio?

“Questa è una delle ragioni per cui non è affatto garantito che i risultati sarebbero stati definitivi. Se avessimo potuto aumentare l’energia del Lep di una buona frazione, si poteva concludere che se il bosone di Higgs esiste allora lo avremmo visto. Questo sarebbe stato un argomento decisivo a favore del Lep. Il fatto è che il Lep è arrivato ormai al limite: non si poteva aumentare più né la luminosità né l’energia. Anzi, il run di quest’anno a 209 GeV è stato molto difficile e ha richiesto un’attenzione e una perizia estrema da parte degli operatori della macchina, che ha avuto tra l’altro dei guasti. E questo è un altro elemento di rischio: una macchina e degli apparati sperimentali che hanno lavorato per 11 anni potrebbero presentare dei problemi con conseguenze gravi nei tempi della ricerca. Anche per questo, con grande dispiacere per la comunità Lep, è emerso che l’ottimizzazione della politica scientifica del laboratorio passava per questa scelta”.

Dunque, le tracce del bosone di Higgs sono gli ultimi dati che Lep poteva dare?

“Sì. Ovviamente i gruppi di ricerca elaboreranno quei dati, che al momento sono un risultato scientifico di primissimo piano. E se saranno confermati significa che effettivamente sono loro ad aver intravisto per primi il bosone di Higgs. E’ un’eredità che Lep consegna a Lhc e all’umanità. Ma noi contiamo di andare avanti e alla fine di chiarire la questione”.

A proposito di Lhc: ci sono già dei ritardi nella sua costruzione. Anche questo ha influito nella decisione finale?

“Sì, ci sono dei ritardi. Ma è chiaro che un’impresa così complessa non può marciare come un orologio svizzero. Non credo che questi ritardi siano rilevanti. Per il momento posso dire che ci sono dei ritardi qui e là anche nella costruzione dei rivelatori, ma tutto questo rientra nella fisiologia normale e non tocca il quadro generale”.

Ma chiudendo Lep non correte il rischio che i colleghi americani del Fermilab alla fine vincano la gara per la scoperta del bosone di Higgs?

“Non si possono basare le decisioni scientifiche di un laboratorio su cosa faranno gli altri. O meglio, solo entro certi limiti. Azzardare il tutto per tutto per sorpassare un altro laboratorio è un po’ come fare un sorpasso da Formula 1: a volte si finisce fuori strada e si pagano le conseguenze. La nostra valutazione è stata che il Fermilab ha una chance, e certamente adesso cercheranno di fare il massimo. Ma i tempi sono i tempi. Io non credo che si possa fare molto di più di quanto è stato annunciato, cioè che al Fermilab potrebbero arrivare a questa scoperta in un tempo non molto diverso da quello previsto per il lancio di Lhc. Se noi restiamo per un anno sul Lep e poi perdiamo, usciamo proprio dalla competizione. Se invece continuiamo con Lhc, con tutti gli auguri che io posso fare ai nostri colleghi americani, siamo ancora in pista. Comunque non bisogna nemmeno esasperare queste competizioni: non possiamo dimenticare che ci sono molti gruppi americani che collaborano a Lhc, e molti gruppi europei al Fermilab, come quello italiano che è una delle componenti storiche del rivelatore Cdf. La fisica va fatta in un certo modo: non si possono prendere decisioni azzardate unicamente per impedire agli altri di fare una scoperta, questo non fa parte della nostra etica. Inoltre è molto importante che Lhc sia pronto al momento giusto, perché non dimentichiamo che questa macchina ha una potenzialità di esplorazione di una regione molto più ampia. Se il bosone di Higgs è davvero così leggero come indica il Lep allora ci dovrebbero essere molte altre particelle nei dintorni. E allora Lhc sarà ben piazzato per esplorare quella zona”.

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