L’Europa della bioetica

Si terrà, a partire dal 16 dicembre, a Strasburgo, il Terzo Simposio del Consiglio d’Europa dedicato alla procreazione assistita e alla protezione dell’embrione umano. Le riflessioni che emergeranno da questo incontro, che vedrà riuniti 400 esperti (giuristi, scienziati e bioetici), confluiranno in un “Protocollo sulla protezione dell’embrione umano” che è allegato alla “Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina”, appena approvata dal Consiglio d’Europa.A fronte di un tale dispiegamento di forze, viene da chiedersi se lo strumento del Protocollo e della Convenzione, che richiedono un’adesione del tutto volontaria da parte degli Stati membri dell’Unione Europea, sino gli strumenti più idonei per mettere ordine in un campo assai controverso, quello genericamente definito delle tecnologie di riproduzione assistita e della biomedicina, che comporta nuovissime, e quasi del tutto insondate, conseguenze di carattere medico, etico e sociale.Ciò di cui l’Europa avrebbe bisogno è una direttiva-quadro, che almeno su alcune questioni di fondo stabilisca criteri omogenei. Si preverrebbe così, ad esempio, il fenomeno del “turismo procreativo”, cioè dello spostamento degli utenti di queste tecniche in paesi dove le regole sono più blande (e i controlli minori). Analogamente si fermerebbero altri rischiosi tipi di “turismo”.Purtroppo, attualmente, questo campo non è soggetto alla produzione di direttive, perché non è menzionato nel Trattato di Maastricht istitutivo dell’Unione Europea e il compito di legiferare è demandato per intero agli Stati nazionali. La conseguenza è quella che alcuni paesi, come l’Italia e la Grecia, ancora non hanno una normativa e, oltre che essere sedi di una pratica selvaggia, senza garanzia alcuna dei diritti degli utenti, costituiscono all’interno dell’Europa un anello debole per sperimentazioni e mercati non possibili nei paesi dotati di regole certe. Il problema è stato tematizzato da più parti: il “Gruppo dei Consiglieri per l’etica delle biotecnologie” della Commissione Europea, ad esempio, ha sostenuto che nella revisione in corso del Trattato di Maastricht, vengano incluse esplicitamente le questioni della bioetica. Ma se i paesi più avanzati, che hanno già una normativa nazionale e una consapevolezza politica della questione, come la Spagna, la Germania e la Francia, sostengono con forza questa posizione di integrazione europea, anche sulle problematiche relative al campo delle biomedicine, altri paesi, e tra questi l’Italia, tacciono irresponsabilmente. E così, il rischio che si corre, è che per le nuove frontiere della medicina, la nuova Europa avrà cittadini di serie A e di serie B.

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