Per la prima volta, una simulazione al computer ha mostrato il meccanismo alla base dell’evoluzione del corredo genetico degli organismi. Da quelli più semplici, come il lievito o i batteri, fino all’uomo. E ha fornito una prova a sostegno della teoria del bricolage evolutivo. Secondo la quale l’evoluzione biologica avviene riutilizzando al meglio il materiale a disposizione nel genoma, e non secondo un’attività ingegneeristica. Lo sostengono Giovanni Lavorgna e Edoardo Boncinelli, i due genetisti che hanno condotto la ricerca presso l’Istituto San Raffaele di Milano. Lo studio, pubblicato su Trends in Genetics, ha esaminato il comportamento dei geni appartenenti a 39 specie differenti. Da cui si è evidenziata una tendenza comune agli organismi più evoluti: quella di utilizzare e rielaborare l’informazione ereditata dagli organismi che li hanno preceduti nella scala evolutiva. Ma questa capacità potrebbe essere anche la causa di alcune malattie neurodegenerative, come il morbo di Alzheimer e il morbo di Creutzfeldt – Jakob. La simulazione utilizzata infatti ha mostrato che le proteine degli organismi evoluti si ripetono secondo una struttura modulare, nella quale gli stessi segmenti si riproducono più volte. Questo fenomeno procedendo a una velocità superiore rispetto agli organismi elementari “ha permesso al cervello umano di triplicare il suo volume in soli tre milioni di anni”, ha osservato Boncinelli. Ma, in particolari circostanze, avrebbe provocato la tendenza delle proteine a precipitare nelle cellule nervose bloccandone quindi il funzionamento. Quest’ipotesi – detta meccanismo del bricolage evolutivo – era già stata avanzata 20 anni fa Francois Jacob, premio Nobel per la medicina. (p.c.)
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