Categorie: Fisica e Matematica

Lhc accelera per trovare il bosone di Higgs

Con il Large Hadron Collider (Lhc) ci eravamo lasciati lo scorso dicembre: i tecnici del Cern di Ginevra avevano tra le mani una traccia da seguire per individuare la particella più ricercata al mondo, il bosone di Higgs (gli studi sono stati da poco sottoposti a varie riviste, tra cui Physics Letter B, da Atlas e Cms). Da anni gli scienziati cercano di provare l’esistenza di questa entità subatomica necessaria per avvalorare la teoria del Modello Standard sull’origine di tutta la materia che occupa l’universo. Ebbene, giusto in questi giorni Lhc torna in piena attività per raccogliere nuovi dati. Ma stavolta i fisici faranno toccare un nuovo record all’acceleratore, alimentandolo con 4 teraelettronvolt (TeV). 

Come spiega Wired.co.uk, l’energia di collisione utilizzata per il prossimo ciclo di esperimenti di Lhc è stata innalzata del 14% rispetto ai valori del 2011. Una scelta tecnica dettata dal fatto che a partire dal prossimo novembre l’acceleratore dovrà restare chiuso per 20 mesi in attesa di avviare ulteriori esperimenti nel 2015. A partire dalle prossime settimane, i fisici del Cern potranno così raccogliere preziosi dati utili ad approfondire la natura del bosone

Infatti, l’immensa mole di risultati ottenuti dagli esperimenti del 2011 non ha ancora permesso agli scienziati di dare una risposta chiara all’interrogativo che li assilla da più di 50 anni: quale sia la massa del bosone di Higgs. Finora i fisici hanno utilizzato Lhc per far scontrare fasci di protoni a altissima velocità nella speranza di poter osservare anche solo per un istante una piccola traccia dell’esistenza della particella fondamentale.   
Dall’analisi dei dati raccolti lo scorso anno i ricercatori avevano individuato qualche segnale interessante intorno ai valori di riferimento di 125 gigaelettronvolt (GeV), ma si erano anche imbattuti in una nuova particella subatomica simile al bosone chiamata Chi_b(3P). Insomma, solo aumentando il numero di collisioni i fisici possono sperare di imbattersi per la prima volta in una traccia inconfutabile. Ecco perché, come suggerisce Scientific American, il Cern ha voluto premere sull’acceleratore Lhc per ottenere il 30% di dati in più.  

via wired.it

Credits immagine a delaere/Flickr

Lorenzo Mannella

Si occupa di scienza, internet e innovazione. Laureato in Biotecnologie presso l'Università di Pisa, ha frequentato il master SGP in comunicazione scientifica presso Sapienza Università di Roma. Collabora con Galileo dal 2011. Scrive per Wired, Sapere e L'Espresso.

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