Mesi, anni contro appena qualche giorno. La promessa di rivoluzionare la ricerca farmacologica, rendendola incredibilmente più veloce di quanto finora possibile, arriva daChematria, una starup supportata dall’Università di Toronto, che ha appena lanciato un progetto dedicato ad ebola e alla ricerca di nuovi trattamenti contro l‘epidemia (ricerca a lungo viziata da mancanza di interessi, come ha denunciato la direttrice generale dell’Oms).
Strumento principale della ricerca di Chematria è un supercomputer con un algoritmo in grado di determinare quali composti hanno il potenziale di diventare farmaci e quali no. Il meccanismo con cui lo fanno è simile a quello usato nella progettazione di nuovi ali negli aeroplani, spiega a Mashable Abraham Heifets, cofondatore e Ceo di Chematria: “Si potrebbero testare mille ali. Ma si testano nei computer prima ancora di portare un prototipo in una galleria del vento. Noi stiamo facendo lo stesso tipo di progettazione, solo per le medicine”.
La piattaforma di drug discovery funziona come un cervello virtuale, spiegano i ricercatori: “Il nostro sistema è guidato da un cervello virtuale, sul modello della corteccia visiva umana, che insegna a se stesso a ‘studiare’ milioni di datapoint su come hanno funzionato i farmaci in passato. Con questa vasta conoscenza il cervello di Chematria è in grado di applicare gli schemi che percepisce, per predire l’efficacia di ipotetici farmaci, e suggerire usi sorprendenti per quelli esistenti, trasformando il modo in cui i medicinali vengono scoperti”.
Riguardo ad ebola, al momento la startup sta focalizzando la sua attenzione su composti già noti, nella logica (vedi l’aspirina) che un farmaco utilizzato per determinati scopi possa essere utile anche nel trattamento di patologie diverse. Jeffrey Leedell’Università di Toronto e il suo team sono alcuni dei collaboratori di Chematria nella ricerca di farmaci potenzialmente utili nella lotta ad ebola e al momento stanno lavorando cercando di individuare i meccanismi attraverso cui il virus si attacca alle cellule. La speranza, infatti, è quella di sviluppare un composto in grado di bloccare questa interazione, impedendo così al virus di replicarsi. In quest’ottica, il lavoro del supercomputer di Chematria è quello di selezionare un pool di composti potenzialmente efficaci nel far questo per poi passarli alla fase di test in laboratorio, e di qui agli studi sull’essere umano infine. Perché anche il motto della startup “Sostituiamo le provette con i supercomputer”, vale solo fino a un certo punto.
Vai: Wired.it
Credits immagine: NIAID/Flickr CC
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