Litio: un nemico per l’Alzheimer

C’è forse una nuova possibilità contro il morbo di Alzheimer: il litio. I sali di questo metallo, comunemente utilizzati per il trattamento del disturbo bipolare (sindrome maniaco depressiva), sembrano infatti efficaci anche nel ridurre il rischio di sviluppare la grave malattia neurodegenerativa. È quanto emerso nel corso della nona Conferenza Internazionale sul morbo di Alzheimer e disordini correlati, tenutasi la scorsa settimana a Philadelphia. Diversi gli interventi proposti. Incoraggianti risultati di uno studio condotto da Paula Nunes e collaboratori, dell’università di San Paolo, in Brasile, su 74 pazienti anziani affetti da disturbo bipolare: l’Alzheimer si è manifestato nel 4 per cento dei soggetti trattati con litio, rispetto al 21 per cento di quelli non trattati. Il campione non è molto esteso e non si possono quindi derivare conclusioni definitive, ma buone notizie vengono anche da modelli sperimentali animali. L’équipe di Takeshi Ishihara, dell’università giapponese di Okayama ha concentrato le proprie ricerche su topi caratterizzati da alterazione specifiche del morbo di Alzheimer: la formazione di placche proteiche intorno ai neuroni e l’accumulo nelle cellule di una proteina filamentosa detta tau. Ebbene, i topi trattati con litio hanno manfestato sia l’inibizione della formazione di placche che un’evidente riduzione dei livelli di tau. Risultati significativi anche perché, rispetto ad altri farmaci che si limitano a ridurre i sintomi della demenza, il litio interviene direttamente sulle cause fisiche che li provocano. C’è però un problema: “Il litio può essere mal tollerato da pazienti anziani”, spiega Ishihara: “Ecco perché sono già allo studio molecole simili che svolgono la stessa azione, ma senza effetti collaterali”. (va.m.)

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