L’ormone dell’autoimmunità

La diffusione della sclerosi multipla, malattia autoimmune del sistema nervoso centrale che colpisce nel nostro paese una persona su mille, potrebbe essere collegata in qualche misura al sovrappeso. Più precisamente ai livelli di leptina, ormone prodotto principalmente dal grasso corporeo, che aumentano in soggetti obesi e diminuiscono con il calare del peso. Lo dice uno studio sui topi dell’Istituto di endocrinologia e oncologia sperimentale (Ieos) del Cnr di Napoli, pubblicato sul Journal of Clinical Investigation, che ha individuato un nesso tra la leptina e le malattie in cui il sistema di difesa dell’organismo aggredisce i suoi stessi tessuti (autoimmunità). I ricercatori di Napoli hanno dimostrato che bloccando la produzione di leptina in topi affetti da encefalomielite autoimmune, equivalente alla sclerosi multipla umana, si arresta la progressione della malattia e se ne attenuano in maniera evidente i sintomi. Potrebbe trattarsi di una nuova strategia terapeutica valida anche per l’essere umano? Lo abbiamo chiesto a Giuseppe Matarese dell’Ieos-Cnr che, insieme ai colleghi di Napoli, da anni studia la funzione della leptina sulle reazioni immunitarie.Facciamo un passo indietro. Come sono nati i primi “sospetti” sulla leptina?”I primi interessi per la leptina risalgono al 1997 da alcune mie frequentazioni, del tutto casuali, con un laboratorio di endocrinologia in Inghilterra che studiava gli ormoni collegati all’assunzione di cibo. Fu allora che mi accorsi della somiglianza strutturale tra la leptina e le citochine (molecole prodotte dalle cellule del sistema immunitario, ndr), che non hanno niente a che fare con il grasso corporeo. Da lì nacque il sospetto di un possibile nesso tra leptina e funzione immunitaria”.Che poi siete riusciti a dimostrare…”Sì. Abbiamo verificato in vitro che la leptina è in grado di influenzare in maniera significativa la funzione di linfociti umani. Inoltre abbiamo osservato che i topi deficitari di leptina sono più cagionevoli degli altri, hanno un numero più basso di linfociti rispetto ai topi normali e sono quindi più esposti a infezioni. Nel ‘98 abbiamo pubblicato su Nature i risultati dei nostri studi in cui avevamo dimostrato che la leptina agisce sull’immunità: in assenza di leptina l’organismo si difende male. Ecco quindi come si spiega il nesso tra malnutrizione, che significa scarso tessuto adiposo e poca leptina, e aumento di malattie infettive. Lo abbiamo dimostrato inducendo nei topi una riduzione del 20 per cento del peso corporeo che ha portato immediatamente gli animali ad una condizione di immunodepressione”.Questo vale per l’immunodepressione e per bassi livelli di leptina. In presenza di un sistema immunitario che invece funziona troppo, come si comporta la leptina? “Una volta stabilito il nesso tra malnutrizione e immunodepressione, abbiamo cercato di capire cosa succede in condizioni opposte, ossia nella malattie autoimmuni. E abbiamo trovato che anche in questi casi la leptina ha un ruolo chiave. In pazienti affetti da sclerosi multipla l’ormone in questione non proviene solo dai tessuti adiposi, ma anche dalle cellule infiammatorie del sistema nervoso. Abbiamo allora bloccato in topi malati, utilizzando anticorpi specifici, la produzione di leptina e verificato un rallentamento della malattia. Era sufficiente somministrare loro nuovamente l’ormone per renderli nuovamente vulnerabili”.Che ruolo ha il sovrappeso, che determina livelli maggiori di leptina?”Il nesso tra peso corporeo e sistema immunitario è dimostrato da dati storici: nei paesi ricchi con un’incidenza maggiore di persone in sovrappeso sono diminuiti i casi di malattie dovute a infezioni, ma aumentati quelli di malattie autoimmunitarie come sclerosi multipla, diabete di tipo 1, artrite reumatoide; nei paesi poveri con un tasso di malnutrizione decisamente superiore è avvenuto esattamente il contrario. Se rapportiamo queste informazioni ai livelli di leptina presenti nelle due situazioni opposte abbiamo una conferma ulteriore del ruolo chiave dell’ormone nel funzionamento del sistema immunitario. Non a caso l’incidenza di malattie autoimmuni aumenta nelle donne, che a parità di peso corporeo producono maggiore quantità di leptina”.Quali saranno le prossime tappe della ricerca?”Vorremmo adesso studiare anche le altre malattie autoimmuni, come il diabete di tipo I. Poi ovviamente speriamo di poter passare presto a una sperimentazione clinica di fase I, per verificare che quanto scoperto nei topi sia valido anche per gli esseri umani. Da quanto ci dicono i nostri studi sembrerebbe determinante, per fermare la progressione della malattia, controllare la produzione di leptina con interventi sia farmacologici che nutrizionali”.

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