L’Ue frena sui biofuel

Il Parlamento Europeo fa dietrofront sui biocarburanti. La Commissione Ambiente, riunita ieri a Strasburgo, ha ridotto la quota obbligatoria di biofuel, inizialmente fissata al 10 per cento entro il 2020, ritenuta necessaria per arginare i cambiamenti climatici. Ora i paesi membri dell’Ue dovranno rispettare il target del 4 per cento entro il 2015, che include anche l’impiego di automobili elettriche o a idrogeno.

Il voto è stato accolto favorevolmente dalle associazioni ambientaliste Friends of the Earth Europe, Birdlife International, European Environmental Bureau, Greenpeace, Oxfam International che nei giorni scorsi avevano lanciato un appello per scongiurare la decisione dell’uso massiccio dei biocombustibili. “Finalmente si sono accorti che usare i raccolti agricoli per mandare avanti le automobili sarebbe un disastro. I biocarburanti non sono la panacea e non si può pensare di ridurre le emissioni di gas serra ai danni della sicurezza alimentare o della biodiversità”, ha commentato Adrian Bebb, di Friends of the Earth Europe.

La forte opposizione ambientalista è spiegata con i dati del rapporto Gallagher, uno studio che il governo britannico ha commissionato all’Agenzia per i carburanti rinnovabili. Secondo il rapporto l’uso delle colture per produrre carburante da trasporto ha serie conseguenze su più fronti: perdita della biodiversità, aumento delle emissioni di CO2 e crescita dei prezzi dei generi alimentari.

Secondo il documento, i primi effetti sarebbero la distruzione di ecosistemi vitali con conseguente emissione di enormi quantità di CO2, perdita di biodiversità e nascita di conflitti sociali. Si stima infatti che un quinto delle emissioni di anidride carbonica responsabili dei cambiamenti climatici è dovuto alla deforestazione. Inoltre, il dirottamento delle colture alimentari sulla produzione di biocarburanti sarebbe una causa determinante dell’aumento dei prezzi dei generi alimentari. Stando a un recente studio della Banca Mondiale infatti, i prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati del 140 per cento tra il 2002 e il 2008 e tre quarti di questa crescita sono dovuti all’impatto della domanda per produzione di biocarburanti.

In tal senso, il rapporto Gallagher distingue tra biocarburanti di prima generazione, cioè quelli che trasformano in carburante le derrate coltivate come cibo (per esempio canna da zucchero, soia, mais, creando una concorrenza diretta tra uso alimentare e benzina) e quelli di seconda generazione. Questi ultimi, ancora in fase sperimentale, sarebbero il frutto della trasformazione in carburante di piante non alimentari e coltivabili su terre marginali, dunque non in concorrenza con la produzione di cibo.

Anche se il voto del Parlamento è un importante segnale politico, dicono però le associazioni, la minaccia alle ultime foreste tropicali del pianeta resta. Per questo, sottolineano gli ambientalisti, anche l’obiettivo del 4 per cento dovrebbe essere eliminato per lasciare il posto a una politica energetica che affronti i cambiamenti climatici attraverso le potenzialità delle biomasse, la produzione di vetture meno inquinanti e il potenziamento del sistema dei trasporti pubblici. (r.p.)

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