Malata e sofferente

L’artrite reumatoide colpisce maggiormente le donne – per ogni maschio malato ci sono tre femmine – e provoca loro dolori più forti, anche quando si manifesta con gli stessi sintomi visibili. E di questo i medici devono tener conto quando prescrivono cure e trattamenti farmacologici. Lo affermano recenti studi svolti da alcuni ricercatori del Karolinska Institutet e presentati durante il 3° congresso internazionale di medicina di genere organizzato dallo stesso istituto a Stoccolma dal 12 al 14 settembre scorsi.

La patologia, che in modo cronico causa l’infiammazione delle articolazioni fino all’inabilità a svolgere i più semplici movimenti, comporta nelle donne un peggioramento della qualità della vita molto più forte rispetto agli uomini. Anche se le ragioni di queste differenze genere-specifiche non sono chiare, molti scienziati sospettano che debbano essere  ricercate nei meccanismi d’azione dei farmaci che vengono prescritti.

I ricercatori del Karolinska Institutet hanno dimostrato che uomini e donne sottoposti alle stesse terapie rispondono in modo diverso, ma non tanto nel grado di diminuzione del gonfiore presso le articolazioni coinvolte, che è un dato oggettivo, quanto nel grado di percezione della malattia, che è invece un fattore soggettivo.

“Oggettivamente, il trattamento farmacologico ha un esito migliore nell’uomo che non nella donna”, spiega Ronald van Vollenhoven, il ricercatore che ha guidato lo studio, “ma la differenza principale tra i due sessi è che la donna continua a sentirsi malata anche quando l’articolazione mostra miglioramenti”.  Lo studioso afferma che, quando si giudica la gravità della patologia, è necessario tener conto anche delle differenze personali: “il nostro obiettivo è quello di ridurre le sofferenze, e quindi dobbiamo tener conto anche degli aspetti soggettivi dell’artrite reumatoide”. (f.s.)

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