Marte: ecco dove cercare tracce di vita

Curiosity il rover da 2,5 miliardi di dollari che verrà lanciato entro quest’anno dalla Nasa su Marte per capire se il Pianeta Rosso presentasse in passato le condizioni per ospitare la vita, ha già la sua destinazione: il Cratere Gale (vedi Galileo, “Dove osano i rover marziani” e “Ecco Eberswalde, il lago perduto su Marte“). Ma questo non è l’unico luogo che potrebbe conservare tracce di organismi, e ora la lista si allunga di due nuovi promettenti candidati, dalle caratteristiche uniche.

Si tratta di due depressioni all’interno della Valles Marineris (nel video), un sistema di canyon che si innalza fino a 7 km di altezza e si estende per circa 4mila km (posizionato in una zona più ampia, nota come Noctis Labyrinthus); entrambi i siti appaiono ricchi di ferro/magnesio-smectiti, minerali argillosi che si formano solo in presenza di acqua non acida, e che potrebbero conservare tracce di molecole organiche al loro interno. Le smectiti, infatti, si espandono quando assorbono l’acqua per poi tornare a contrarsi.

Le due depressioni individuate, descritte ora su Geology, non sono gli unici luoghi in cui questo minerale è presente, ma sono i più giovani: per ora le stime indicano un’età compresa tra i 3 e i 2 miliardi di anni fa (gli altri siti normalmente sono più antichi di 3,6 miliardi di anni). Significa che qui le condizioni avrebbero permesso la vita in un periodo in cui tutto il pianeta era sottoposto a una forte evaporazione. Non solo: qui la deposizione geologica sembra invertita rispetto alle altre zone studiate finora e indica un lungo periodo a pH neutro e basico. “Questi luoghi potrebbero essere stati i più ospitali di Marte in quel periodo”, ha detto a Mars Daily una delle autrici della scoperta, Janice Bishop dell’Ames Research Center della Nasa e del Seti Istitute (Search for Extra-Terrestrial Intelligence).

Janice Bishop e Catherine Weitz del Planetary Science Institute hanno passato al setaccio le immagini inviate dal Mars Reconnaissance Orbiter (Mro), con a bordo il radar ShaRad dell’Agenzia spaziale italiana, grazie anche alla collaborazione dell’High Resolution Imaging Science Experiment (HiRISE) e ai dati del Compact Reconnaissance Imaging Spectrometer for Mars (CRISM) e hanno combinato il tutto con modelli digitali del terreno per determinare l’elevazione e la struttura geologica. Dalla loro analisi è emersa una mappa (che copre circa 300 metri) dei minerali idrati, da cui è possibile dedurre la variazione del chimismo delle acque nel tempo e da zona a zona. “Sarebbero due posti fantastici in cui inviare un rover ma, sfortunatamente, le caratteristiche del terreno li rendono poco sicuri sia per l’atterraggio sia per la guida”, ha commentato Weit.

Riferimento: Geology doi: 10.1130/G32045.1

Credit per l’immagine: Planetary Science Institute

Via Wired.it

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