Maschio, fai la tua parte

Mentre la politica discute dell’opportunità di rivedere la legge 194, i dati ufficiali forniti dal Ministero della Salute e da quello della Giustizia testimoniano una continua decrescita del numero degli aborti (-3 per cento nel 2007 rispetto all’anno precedente). Un dato confortante che però, se analizzato, svela una situazione non uniforme: a ricorrere meno all’interruzione volontaria di gravidanza sono le italiane adulte, mentre fra le minorenni si registra un aumento (calcolato sulla base delle richieste al giudice: 1360 nel 2006 contro le 1214 del 1999). Le giovanissime sono quindi, insieme alle donne straniere di tutte le età, le più fragili, quelle che sono meno informate e hanno più difficoltà ad accedere ai servizi. Come fare per aiutarle? Se ne è discusso a Roma, al convegno “Politiche per un contrasto all’interruzione volontaria di gravidanza nelle donne  a rischio” lo scorso 9 giugno, promosso dalla Società Italiana di Ginecologia ed Ostetricia (Sigo). Fra i relatori Alessandra Graziottin, direttore del centro di Ginecologia e Sessuologia medica dell’ospedale San Raffaele Resnati di Milano.

Professoressa Graziottin, quando si parla di prevenzione dell’aborto si pensa subito alla contraccezione e al ruolo dei consultori per l’informazione. Qual è la situazione attuale?

“Il ricorso ai consultori è ancora basso – se ne serve solo il 36,9 per cento della popolazione -, specialmente nel Sud e nelle isole. Questo potrebbe dipendere anche dalla loro scarsità e dalle carenze organizzative (orari di apertura o giorni limitati): non è mai stato raggiunto il rapporto ideale tra popolazione e consultori stabilito dalla legge istitutiva dei consultori che è di uno ogni 20.000 abitanti. Siamo fermi allo 0,7 e con grandi disparità tra le regioni. Inoltre, come dimostrano i dati di un sondaggio realizzato da Sigo e dalla Società Italiana di Medicina Generale, sono più utilizzati per le certificazioni dalle cittadine straniere (il 51,3 degli utenti) che dalle italiane. Tuttavia, il nodo da sciogliere per migliorare la prevenzione dell’aborto è a monte.

Qual è?

“Occorre cominciare a sensibilizzare il maschio della coppia, in una logica di corresponsabilità, come  accade per esempio in Olanda. Oggi solo il 12,5 per cento delle ragazze italiane condivide con i maschi la scelta della pillola contraccettiva. Inoltre, a fronte di un incremento costante dal momento della sua immissione sul mercato, nel 2001, della cosiddetta contraccezione d’emergenza o pillola del giorno dopo, pari oggi al 59,5 per cento, è diminuito molto l’uso dei profilattici (come dimostra l’andamento delle vendite dal 1997 al 2005). Ce lo conferma la crescita delle infezioni da clamydia in tutta Europa, da 6 a 10 volte negli ultimi 10 anni. La fascia di età più esposta è quella delle ragazze tra i 15 ed i 24 anni. Un motivo in più per ricominciare con campagne di sensibilizzazione dei maschi, venute meno dopo l’allarme sull’Hiv/Aids, è poi quello della prevenzione dell’infertilità. Ma non basta, anche i genitori devono fare la loro parte.

Come, parlandone di più a casa?

I dati che abbiamo ci dicono che non solo ne parlano poco, ma anche che ne sanno poco. Spesso contribuiscono a confermare luoghi comuni e false convinzioni. Mentre il loro aiuto sarebbe prezioso proprio per fare chiarezza: sulla pillola e il rischio di aumentare di peso o di ritenzione idrica – eventi che accadono solo nel 4-6 per cento della popolazione che la assume; sui diversi metodi anticoncezionali e la loro sicurezza, contribuendo così a evitare l’uso del coito interrotto. Al contrario, solo il 40 per cento delle madri parla di sessualità con le proprie figlie. E i problemi, spesso, vengono affrontati dopo, quando il ‘guaio’ è stato fatto. Mentre tutti gli studi più recenti confermano che l’educazione più efficace è quella genitore-figlio, in particolare se dello stesso sesso.

Quale potrebbe essere il ruolo della scuola?

Occorre un lavoro di sinergie. Il 55,7 per cento delle ragazze che utilizzano la pillola contraccettiva non ha ricevuto informazioni dalla scuola. Si può fare di più, modificando le modalità, con la comunicazione da pari a pari. Mi spiego meglio. Si potrebbero organizzare delle giornate informative, nelle ultime classi delle scuole medie superiori, dove i giovani discutano con un loro coetaneo, che magari sia stato adeguatamente formato. Invece, con i minorenni, andrebbero coinvolti i genitori. È fondamentale restituirgli un ruolo. Magari, proprio nel momento in cui si presentano loro i materiali didattici per l’approvazione, si potrebbero responsabilizzare e formare, al tempo stesso, aiutandoli ad aprire gli occhi verso i figli.

Cosa intende, esistono dei fattori predittivi per le gravidanze indesiderate tra le giovanissime?

Sì, sono l’insuccesso scolastico, la povertà, gli abusi. Inoltre, sappiamo che i genitori tendono sempre di più a sottovalutare i comportamenti sessuali a rischio dei loro figli. E questo accade anche con l’alcol e con le droghe leggere.

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