E se la materia oscura provenisse da dimensioni extra dello spazio-tempo?

materia oscura

Nonostante decenni sfiancanti di ricerche ed esperimenti, a oggi il mistero della materia oscura non è ancora stato risolto. Sappiamo che deve esistere, e in quantità molto superiore alla materia ordinaria – ce lo dicono molte osservazioni indirette – ma non siamo certi di come sia fatta né siamo mai riusciti a osservarla sperimentalmente. Oggi, un’équipe di fisici dell’Institut de Physique des 2 Infinis (IP2I) del Cnrs francese, della University of Lyon e della Korea University, tra cui compare anche l’italiano Giacomo Cacciapaglia, ha pubblicato uno studio che corrobora l’ipotesi secondo la quale le particelle di materia oscura potrebbero coincidere con i gravitoni (gli ipotetici mediatori della forza gravitazionale, anch’essi mai osservati sperimentalmente) prodotti durante le prime fasi di vita dell’Universo. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Physical Review Letters.


Perché quando parliamo di materia oscura i conti non tornano


Perché è importante cercare la materia oscura

Al momento, l’impianto teorico più affidabile per la descrizione del comportamento delle particelle e delle forze note, il cosiddetto Modello Standard, sembra essere incompleto. Diverse osservazioni sperimentali, infatti, suggeriscono che accanto alla materia ordinaria – quella descritta, per l’appunto, dalle equazioni del Modello Standard – deve esistere anche un altro tipo di materia, una sorta di “componente invisibile” che interagisce solo tramite la forza gravitazionale. “Osservando la velocità di rotazione delle stelle attorno alle galassie e studiando la radiazione cosmica di fondo – spiega Cacciapaglia a Wired – ci siamo resi conto, ormai molto tempo fa, che deve necessariamente esserci qualcos’altro oltre alla materia ordinaria. Ed è quello che chiamiamo, per l’appunto, materia oscura”. Sempre stando a quel che sappiamo finora, si stima che per ogni protone, neutrone o altra particella di materia ordinaria, ce ne debbano essere almeno cinque di materia oscura; in altre parole, la materia oscura dovrebbe costituire l’85% circa di tutta la materia presente nell’Universo, e circa il 27% della sua energia totale.

Chi sono e come sono fatte, dunque, le particelle di materia oscura? Nel corso della storia abbiamo formulato e testato diverse ipotesi: “Prima si pensava fossero i neutrini – prosegue Cacciapaglia – ma oggi sappiamo che non può essere così. I candidati più popolari sono i cosiddetti Wimp [Weakly interactive massive particles, ossia “particelle massive debolmente interagenti”], particelle pesanti che interagiscono molto poco con le altre”. Quanto poco? Se si avesse a disposizione un enorme cubo di piombo con gli spigoli lunghi 200 anni luce, una singola particella di materia oscura avrebbe il 50% di probabilità di passarvi attraverso senza interagire con nulla. E potrebbe essere questo uno dei motivi per cui, nonostante gli strumenti sofisticatissimi che abbiamo attualmente a disposizione, è ancora molto difficile osservare direttamente la materia oscura.

Un’altra possibilità

C’è anche un’altra ipotesi, che è proprio quella vagliata da Cacciapaglia e colleghi. Secondo la quale le particelle di materia oscura, in realtà, non sarebbero le Wimp, ma entità ancora meno interagenti, le cosiddette Fimp (Feebly interactive massive particles, ossia “particelle massive flebilmente interagenti”). “Il modello delle Fimp – dice Cacciapaglia – prevede un meccanismo diverso di produzione della materia oscura rispetto al modello delle Wimp: in quest’ultimo la materia ordinaria, nei primi istanti di vita dell’Universo, sarebbe stata in equilibrio termico con la materia oscura, e le due entità si sarebbero ‘disaccoppiate’ in seguito al raffreddamento; nel modello Fimp, invece, la materia oscura è il risultato delle collisioni tra particelle calde di materia ordinaria”.

Il ruolo della gravità

Stando ai calcoli degli autori dello studio appena pubblicato, dietro le Fimp si potrebbero nascondere i gravitoni, particelle massive create nei primi istanti di vita dell’Universo. “Fino a oggi – spiega Cacciapaglia – questa ipotesi era ritenuta poco credibile, perché il numero di gravitoni prodotti sembrava essere troppo basso per dar luogo alla quantità di materia oscura che pensiamo ci sia oggi nell’Universo. I nostri calcoli, invece, mostrano che il numero di gravitoni è in realtà molto più alto, in particolare di un fattore 12. E questo numero è consistente con la quantità di materia oscura”. La teoria dietro i calcoli è abbastanza esotica, e prevede l’esistenza di dimensioni extra rispetto alle tre dimensioni spaziali e al tempo: propagandosi in queste dimensioni extra, la gravità si “materializzerebbe” poi nell’Universo sotto forma di gravitoni massivi, che interagirebbero molto debolmente con la materia ordinaria. È un’ipotesi interessante, tra l’altro, perché si riferisce a interazioni già note (quelle gravitazionali, per l’appunto) e non prevede l’introduzione di interazioni sconosciute. Ora bisognerà pensare a come verificarla: “Ci sono due strade – conclude Cacciapaglia – I gravitoni, o le Fimp, decadono producendo fotoni che hanno un’energia ben precisa. Potremmo provare a cercare fotoni di questo tipo: se li trovassimo avremmo la prova dell’esistenza di un meccanismo di questo tipo. Un’altra possibilità, al momento più remota, è quella di provare a produrre gravitoni in laboratorio, con un acceleratore di particelle. Al momento gli acceleratori che abbiamo a disposizione non raggiungono un’energia sufficiente, ma una macchina costruita ad hoc potrebbe riuscirci”.

Riferimenti: Physical Review Letters
Credits immagine: Jeremy Thomas/Unsplash
Via: Wired.it