Materia oscura, i risultati dell’esperimento Dama non convincono tutti

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S’infittisce – come se non lo fosse già abbastanza – il mistero sulla materia oscura. Stavolta parliamo dei risultati di uno dei più importanti esperimenti condotti sul tema, il cosiddetto Dama, che si svolge nei Laboratori nazionali del Gran Sasso dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn). Da diverso tempo ormai i responsabili dell’esperimento sostengono infatti di essere certi di essere riusciti a individuare la materia oscura, e in particolare di aver osservato particelle di materia oscura che collidono con nuclei atomici di materia ordinaria all’interno del loro rivelatore, situato sotto centinaia di metri di roccia della montagna abruzzese. 

Ora, però, un’équipe di ricercatori sudcoreani racconta sulle pagine di Science Advances che i loro dati, raccolti per oltre un anno e mezzo con il rivelatore Cosine-100, specificamente progettato per “imitare” il comportamento di Dama, sono incompatibili con quelli raccolti sotto Gran Sasso, ossia che non è stato osservato alcun segnale di materia oscura coerente con le rivelazioni di Dama. C’è di più: uno studio teorico pubblicato del 2020 aveva già suggerito che i segnali osservati da Dama potrebbero non essere dovuti all’osservazione della materia oscura, ma ad altri fenomeni.

Dal canto suo, comunque, il team di Dama ha rigettato entrambe le contro-argomentazioni, dicendosi fiducioso dei propri risultati: contattata da Wired Italia, Rita Bernabei, che dirige l’esperimento, si è rifiutata di rilasciare dichiarazioni sul punto, ma ha scritto alla rivista Science di “aver già dimostrato che le ipotesi riportate [dagli altri ricercatori, nda] sono insostenibili e che le loro conclusioni non hanno valore”.

Cos’è la materia oscura e perché è così difficile vederla

Piccolo ripasso. Il modello standard delle particelle elementari è l’impianto teorico che descrive la natura, il comportamento e le interazioni di tutte le particelle che conosciamo. E funziona benissimo: a oltre cinquant’anni dalla sua formulazione, è stato sottoposto a innumerevoli prove sperimentali che ne hanno confermato la validità fino a molte cifre dopo la virgola. Tuttavia, la sua descrizione della natura non è completa: da alcune osservazioni sperimentali, infatti, sappiamo che nell’Universo ci deve essere qualcos’altro oltre alla materia cosiddetta ordinaria, quella descritta, per l’appunto, dalle equazioni del modello standard. 

In particolare, c’è qualcosa che non torna nella velocità di rotazione delle stelle attorno alle galassie e l’unico modo per spiegare questa discrepanza è assumere che esista anche un altro tipo di materia, che si comporta diversamente da quella ordinaria e che sfugge alle osservazioni, e a cui proprio per questo i fisici hanno attribuito l’aggettivo oscura. Stando a quel che sappiamo finora, si stima che per ogni protone, neutrone o altra particella di materia ordinaria ce ne debbano essere almeno cinque di materia oscura. O, se si vuole, che la materia oscura costituisca l’85% circa di tutta la materia presente nell’Universo, e circa il 27% della sua massa totale. 

Le particelle di materia oscura sono state chiamate Wimp, acronimo di Weakly Interacting Massive Particles, ovvero “particelle massive debolmente interagenti”. Debolmente interagenti lo sono davvero: basti pensare che, se si avesse a disposizione un cubo di piombo con gli spigoli lunghi 200 anni luce, cioè enorme, una singola particella di materia oscura avrebbe il 50% di probabilità di passarvi attraverso senza interagire con nulla. È questo uno dei motivi per cui, nonostante gli strumenti sofisticatissimi che abbiamo attualmente a disposizione, è ancora molto difficile osservare direttamente la materia oscura: finora ci siamo dovuti accontentare di prove indirette, che ancora non hanno chiarito del tutto la natura di questa entità così elusiva e misteriosa.


Perché quando parliamo di materia oscura i conti non tornano


Le osservazioni di Dama…

Oggi si pensa che la Via Lattea si stia muovendo vorticosamente all’interno di un’enorme nube di materia oscura, costituita, per l’appunto, dalle ipotetiche Wimp. Dal momento che il Sistema solare orbita attorno al centro della galassia a circa 225 chilometri al secondo, la Terra dovrebbe essere, in ogni istante, “attraversata” da un grandissimo numero di Wimp. E dal momento che, a sua volta, anche la Terra orbita attorno al Sole a circa 30 chilometri al secondo, questo “vento” di particelle di materia oscura dovrebbe essere leggermente più intenso quando la Terra si muove nella stessa direzione del Sole, a giugno, e leggermente meno intenso quando si muove nella direzione opposta, a dicembre.

I responsabili dell’esperimento Dama sostengono da tempo di aver osservato questo “ciclo annuale” con il loro rivelatore, che al momento contiene 25 cristalli di ioduro di sodio drogato con tallio, dal peso di 10 chili. Ciascuno di questi cristalli produce un lampo di luce quando una particella colpisce un nucleo atomico. Sembra che nell’intervallo di energie corrispondente a quello delle ipotetiche Wimp, il numero di queste collisioni sia aumentato e diminuito ogni anno dall’inizio delle osservazioni, nel 1995, proprio in accordo con il ciclo stagionale previsto dalla teoria. 

…e quelle di Cosine-100

Dopo un aggiornamento della strumentazione, nel 2018, Cosine-100 ha migliorato di cento volte la propria sensibilità, continuando a raccogliere dati per oltre un anno e mezzo. E, fino a oggi, non ha osservato alcun segnale del passaggio di Wimp. “Abbiamo cercato segni di quelli che pensiamo potrebbero essere segnali di materia oscura”, ha detto a Inverse Hyun Su Lee, co-portavoce di Cosine e ricercatore allo Institute for Basic Science sudcoreano. “Ma, sfortunatamente, i nostri dati mostrano che non c’è un eccesso di segnali la cui presenza potrebbe essere giustificata da interazioni di materia oscura”, ha aggiunto.

C’è un però: come fa notare Bernabei, i ricercatori di Cosine-100 non hanno cercato di osservare il ciclo stagionale (come invece fa Dama), limitandosi invece a indagare eventuali segnali in eccesso nella finestra di energia delle Wimp, indipendentemente dalla stagione. Si tratta di un numero molto piccolo di segnali, che potrebbero essere “nascosti” dal “rumore di fondo” di tutti gli eventi dovuti alle collisioni di particelle di materia ordinaria provenienti dall’interno e dall’esterno dei cristalli: e quindi tutto sta nella capacità dei ricercatori di modellizzare precisamente questo rumore di fondo e di sottrarlo dai dati.

Altri esperimenti: Anais-112

Oltre a Cosine, anche altri esperimenti in giro per il mondo stanno tentando di verificare i risultati di Dama. Tra questi, per esempio, c’è il rivelatore Anais-112, composto di nove cristalli dalla massa totale di 112 chili, che dal 2017 raccoglie dati al Canfranc Underground Laboratory, in Spagna, e che in tre anni di osservazioni – come hanno raccontato i suoi responsabili in un articolo pubblicato a maggio scorso sulla rivista Physical Review D – non ha individuato alcun ciclo stagionale legato alle Wimp. In questo caso, però, l’incertezza statistica sul risultato non è abbastanza piccola da permettere di dire con certezza che i risultati sono incompatibili con quelli di Dama.

Lo studio teorico del 2020 e il prossimo futuro

La storia non finisce qui. Perché, come dicevamo all’inizio, lo scorso anno anche un altro studio, pubblicato sul Journal of High Energy Physics e condotto da un gruppo di ricercatori dello stesso Infn, coordinato dal fisico teorico Dario Buttazzo, ha identificato una possibile spiegazione “alternativa” del ciclo annuale osservato dal rivelatore Dama, che non coinvolge la materia oscura e che è invece relativa al modo in cui il rumore di fondo è sottratto dai dati.

“Se si trattano i dati in questo modo – ha spiegato Buttazzo a Science – e se il rumore di fondo ha alcune caratteristiche costanti, è possibile avere un segnale in cui si vede questo effetto”, precisando però che “al momento non possiamo saperlo con certezza perché Dama non ha ancora pubblicato i suoi dati”. Tra poche settimane, comunque, Cosine-100 pubblicherà dati ancora più estesi, relativi a osservazioni triennali; e Anais-112 divulgherà, entro la prossima estate, i risultati di cinque anni di osservazioni. A quel punto, forse, potremo avere abbastanza informazioni per comprendere con più chiarezza i risultati di Dama.

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Via: Wired.it