Tra medico e malato, la narrazione

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Oggi la tecnologia offre straordinarie possibilità alla medicina.  Ma per conoscere ciò che rende la persona unica gli strumenti sono quelli di sempre: sollecitare il malato a raccontare la sua storia e disporsi ad ascoltarla,  scrive Sandro Spinsanti in  La medicina vestita di narrazione. Un volume pubblicato di recente da Il Pensiero Scientifico di cui, per gentile concessione dell’Editore, vi proponiamo un estratto.

“La mia storia si è rotta: mi aiuta a ripararla?”

Maria Cristina Koch

Sei seduto davanti al medico. Quella visita di cui senti di avere tanto bisogno sta incominciando. “Dottore, sto male”. È la tua prima mossa nella singolare partita a scacchi che stai giocando contro la tua malattia. Quale è la seconda mossa? Il medico può cominciare col misurarti la febbre. Oppure prenderti la pressione (“150-100: piuttosto alta!”). O può richiedere un prelievo di sangue per misurare quei parametri che lui ritiene rilevanti (saresti felice di una risposta rassicurante: “I valori sono a posto”). Insomma, il medico conta, misura. Perché così procede oggi la medicina scientifica.

Non hai certo motivo di lamentarti del tuo medico: se attraverso le analisi che ti prescrive arriva a diagnosticare la malattia e a prescriverti il trattamento opportuno (ancora numeri: “10 gocce prima dei pasti”; “Una pasticca mattina e sera per 8 giorni”) che ti rimette in salute, puoi dire che sei capitato nelle mani giuste. Eppure commentando la visita, può esserti capitato di osservare: “Sì, è un dottore bravo. Ma non ti lascia parlare”. Sei un po’ deluso, perché la mossa del medico te l’aspettavi un po’ diversa. Dopo la tua dichiarazione di sentirti male, avresti gradito che lui ti avesse rivolto l’invito: “Mi racconti”. Perché per il medico è importante il “contare” (procederebbe al buio, a tentoni, se non lo facesse), ma per te è importante il raccontare.

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