Categorie: Salute

Meno morti, ma l’epidemia continua

La nota positiva è che, dal 2001 al 2007, il numero di nuovi casi di Hiv in tutto il mondo è diminuito. Oggi, restano comunque 7.500 circa le persone che contraggono l’infezione ogni giorno, nuovi contagi che portano il numero globale dei sieropositivi a 33 milioni. Questi i dati del “2008 Report on global Aids epidemic” di Unaids, agenzia delle Nazioni Unite per la lotta all’Hiv. Secondo il rapporto, alcuni segnali sono buoni, soprattutto per quanto riguarda prevenzione e trattamento, ma l’epidemia non si è certo arrestata.

Dopo il 2005 – anno in cui si è registrato il record negativo con 2,2 milioni di decessi – il numero delle morti per Aids è sceso a 2 milioni nello scorso anno (comunque più alto rispetto al 2001, con 1,7 milioni).

Il numero di nuovi casi continua a crescere in paesi come la Cina, l’Indonesia, il Kenya, il Mozambico, la Papua-Nuova Guinea, la Russia, l’Ucraina e il Vietnam. E riprende a salire in alcuni vecchi focolai: Germania, Regno Unito e Australia. L’Africa si conferma il continente più colpito: 22 milioni di persone positive all’Hiv (il 67 per cento di tutti gli infetti a livello globale) vivono infatti al di sotto del deserto del Sahara. Come anche il 90 per cento dei 2 milioni di bambini sieropositivi nel mondo (in aumento dal 2001, in cui erano 1,6 milioni). Le donne africane, inoltre, rappresentano il 75 per cento dei giovani infetti.

L’Italia, invece, vede aumentare il numero totale di persone che convivono con l’Hiv – sono 150mila i sieropositivi, diecimila in più rispetto al 2001 – ma sono in netto calo i decessi (da tremila morti, si scende a circa duemila all’anno). La tendenza europea è simile: dai 610mila del 2001, gli infetti salgono a 730mila, mentre i decessi, da 9.600, si riducono fino a ottomila. In generale, la percentuale di persone con Hiv, rispetto alla popolazione totale, rimane stabile allo 0,3 per cento.

L’adozione più diffusa di trattamenti anti-retrovirali in paesi con basso e medio reddito pro capite, sostiene il rapporto, sarebbe la principale causa del decremento del numero di morti. La Namibia, per esempio, tra il 2003 e il 2007, ha aumentato il numero di persone sotto terapia dall’1 per cento all’88 per cento.

“I risultati a breve termine, che hanno portato a salvare delle vite”, conclude Peter Piot, direttore esecutivo dell’Unaids, “devono servire come trampolino per rinvigorire gli sforzi nei confronti di trattamento e prevenzione, e sostenerli nel lungo periodo”. (a.g.)

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