I batteri potrebbero diventare una potente risorsa per le nanotecnologie. Per costruire dispositivi elettronici dieci, o anche cento volte, più piccoli di quelli oggi disponibili, i ricercatori dell’Ames Research Center della Nasa stanno sperimentando le proteine prodotte da microrganismi che vivono in ambienti estremi. Come riportato in un articolo che verrà pubblicato su Nature Materials, il gruppo di Andrew McMillan, ha anzitutto isolato un gene dal Sulfolobus shibatae, un organismo unicellulare che vive di norma nel fango a temperature molto alte, quasi al punto di ebollizione. Il gene è stato alterato in modo da produrre proteine in grado di auto-assemblarsi in una griglia bidimensionale e capaci di catturare poi particelle di metallo o di semiconduttore in posizioni specifiche del reticolo. La struttura proteinica così formata – particolarmente stabile proprio perché derivante da un batterio tipico delle temperature elevate – è stata quindi collocata su un substrato di silicio, al quale gli scienziati hanno aggiunto un impasto di oro e altri semiconduttori. Le particelle di questi elementi si sono fissate al reticolo, formando così dei sistemi elettronici dalle dimensioni di pochi miliardesimi di metro (nanometri), contro i circa cento nanometri dei chip che compongono la memoria dei computer oggi in uso. Oltre al campo dell’informatica, la nuova tecnica potrebbe essere usata in ambito biomedico e per realizzare dispositivi per studi di bioastronomia. (f.to.)
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