Morire di paura

Non si tratta solo di un modo di dire: di paura si può morire davvero. Lo ha dimostrato uno studio condotto dal gruppo di ricerca di David Phillips, un sociologo dell’Università di San Diego (California) che da tempo studia i trend di mortalità e i fattori sociali e psicologici collegati. Nonostante siano numerose le ricerche che dimostrano come una grande paura possa dare origine a preoccupanti cambiamenti cardiovascolari, ragioni etiche hanno sempre impedito di riprodurre in laboratorio situazioni di forte stress per verificare il fenomeno. Il gruppo di Phillips e quello di Ian Abramson, docente di matematica presso la stessa università, hanno però trovato un escamotage: le credenze popolari di cinesi e giapponesi potevano servire per il loro esperimento. Queste lingue, infatti, pronunciano allo stesso modo la parola “morte” e il numero “quattro”. Per questo la popolazione evita questa cifra nelle prenotazioni delle stanze d’albergo, dei ristoranti e, persino, nei recapiti telefonici. Il giorno quattro di ogni mese, inoltre, gli asiatici modificano la loro alimentazione, bevono più alcol, rifiutano le medicine e si affaticano enormemente. Questa coincidenza fonetica, infine, evoca apprensione soprattutto tra le comunità più numerose, come in California. Esaminando i certificati di morte registrati tra il 1973 e il 1998, relativi a 200 mila cinesi e giapponesi e a 47 milioni di individui appartenenti alla popolazione bianca, i ricercatori hanno scoperto che tra i primi è stato registrato il 13 per cento in più di morti cardiache proprio il quarto giorno di ogni mese. In California il dato è salito fino al 27 per cento, mentre lo stesso giorno non è stata registrata nessuna variazione tra i bianchi. La ricerca è stata pubblicata sul British Medical Journal. (d.d.v.)

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