MP3, l’incubo delle major

Il più grande negozio di dischi del mondo si chiama Internet. Con i suoi 150 mila titoli sparsi in duemila siti di oltre 30 paesi, la rete è diventata il megastore più fornito e conveniente. Grazie alle nuove tecnologie, i brani finiti nella ragnatela del web possono essere scaricati, riascoltati o incisi su Cd, al costo di una telefonata urbana. Il fatto è che buona parte di questi 150 mila brani sono copie pirata di brani coperti da copyright che vengono distribuiti on-line senza pagare una lira di royalties. Di fronte a un simile scenario le cinque multinazionali del mercato discografico (Bmg-Bertelsmann, Emi, Sony, Time-Warner, e Universal), le principali software-house e l’industria high-tech si sono alleate nei mesi scorsi nella Sdmi (Secure Music Digital Initiative). Scopo: proteggere dalla pirateria dilagante e dal vuoto legislativo quell’80 per cento del mercato discografico che finora hanno controllato. Ad approfittarne sono intanto i navigatori amanti della musica e le piccole etichette indipendenti, che soprattutto negli Stati Uniti cominciano a sperimentare con successo ed enormi risparmi la formula della commercializzazione delle loro opere via Internet.

Artefice della “rivoluzione musicale” è il Motion Picture Expert Group – audio Layer 3, noto più brevemente come Mp3. Si tratta di una tecnologia divenuta negli ultimi due anni lo standard mondiale per la musica in rete, grazie a una eccezionale capacità di compressione dei file audio unita a una eccellente qualità. I file in formato Mp3 sono fino a 12 volte più leggeri degli altri, ma la qualità del suono non viene alterata e rimane degna di un Comapct disc. Per ascoltare i brani scaricati è sufficiente uno dei tanti programmi per la riproduzione, per esempio Winamp, facilissimi da usare grazie a un’interfaccia che riproduce un comune lettore di compact disc. Per chi non si accontenta di un ascolto casalingo c’è poi Rio pmp300, una specie di walkman per file Mp3, che in soli 70 grammi di peso (ma il costo si aggira ancora attorno alle 450 mila lire) permette di sentire fino a un’ora di musica.

In pochi anni l’Mp3 potrebbe stravolgere le strategie tradizionali dell’editoria musicale, che già oggi deve tenere d’occhio un mercato telematico in fortissima espansione: “Attualmente la vendita di brani musicali in rete si stima attorno agli 87 milioni di dollari, ma si calcola che nel 2005 si arriverà a 4 miliardi di dollari”, dice Francesco Chirichigno, direttore generale della Siae (Società italiana autori ed editori). E in questo nuovo scenario, visti i bassissimi costi di distribuzione, potrebbero farsi largo le piccole case discografice indipendenti e gli artisti semisconosciuti tenuti finora ai margini del mercato musicale. Si vedono già i primi esempi, come Mp3bench (http://www.mp3bench.com) o il celebre Mp3.com (http://www.mp3.com), un sito visitato da oltre 200 mila navigatori al giorno e con più di 10 mila brani originali disponibili. Il sistema è semplice: chiunque può incidere una propria canzone ed esporla nella vetrina virtuale di Mp3.com per 250 dollari. Gli utenti possono poi ascoltare la canzone on-line (gratis) oppure scaricarla sul proprio computer (a pagamento). Grazie a Mp3 tornano anche a circolare brani scomparsi dal mercato da almeno dieci anni, come quelli distribuiti da un sito degli studenti del Politecnico di Torino (http://www.poli.studenti.it/prometeo) specializzato in brani di telefilm e cartoni animati giapponesi anni ‘70-’80.

Ma accanto a questa nuova forma di distribuzione della musica, Mp3 ha reso la pirateria musicale un gioco da ragazzi. Lo scorso anno, solo in Italia, la Federazione industria musicale italiana (Fimi) ha diffidato oltre 200 siti che diffondevano copie-pirata di brani musicali. Così la Siae si è impegnata dallo scorso gennaio nella diffusione di una licenza per tutelare il diritto d’autore in rete, e nella conclusione di accordi con i detentori delle tecnologie multimediali per favorire la vendita o il semplice ascolto del brano (lo streaming) e impedire la copiatura illegale (il downloading). E anche gli artisti hanno fatto sentire la loro voce, ma non per cantare, stavolta: il 19 gennaio scorso i maggiori protagonisti della musica europea (da Eros Ramazzotti, a Pino Daniele, guidati da Jean Michel Jarre) hanno presentato al Parlamento europeo una petizione seguita da 400 firme contro la pirateria via Internet. Anche loro preoccupati da un fenomeno che pesa sull’industria discografica per circa 8 miliardi di lire l’anno e per un terzo dei brani presenti in rete.

Nonostante la ricerca delle major musicali di nuovi sistemi di protezione dei file (la Sony ha da poco messo a punto il “MagicGate”, un meccanismo anti pirateria da inserire nell’hardware dei computer) e il grido d’allarme lanciato dagli artisti europei, gli sviluppi del panorama musicale sono tutt’altro che definiti. Il nuovo standard Mp4, per esempio, dovrebbe prevedere un sistema per la protezione del copyright, e soprattutto si attendono i risultati della Sdmi. Ma per le major musicali c’è un ulteriore problema: più di un artista si dichiara interessato alla distribuzione autonoma on-line dei propri brani e potrebbe decidere di rivedere i rapporti con le case discografice. Gruppi come i Public Enemy e i Beastie Boys si sono scontrati con i rispettivi produttori proprio perché distribuivano la loro musica dai propri siti web. E anche super star come Billy Idol e David Bowie hanno dichiarato il loro entusiasmo per Mp3. I padroni della musica sono avvertiti.

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