Narcotrafficanti colombiani on-line

Bogotà – I vecchi comunicati scritti a macchina dal clan degli Estraditabili (ossia i narcotratticanti minacciati di estradizione) guidati dal tristemente noto Pablo Escobar Gaviria, fanno ormai parte della storia del narcotraffico colombiano. Così come sono un ricordo i sequestri di persona messi a punto dal cartello di Medellìn agli inizi degli anni Novanta per far pressione sul governo ed evitare quello che molti trafficanti di droga considerano l’inferno: l’estradizione negli Usa. Che significa passare il resto della propria vita in una cella di massima sicurezza nelle carceri nordamericane, lontani dal trattamento di riguardo che è assicurato in patria. Prima di essere ucciso dalla polizia nel dicembre del 1993, Escobar, che arrivò a detenere il triste primato di criminale più pericoloso del mondo, seminò il panico nel paese per convincere il governo a non estradarlo negli Usa: omicidi, attentati, stragi insanguinarono Bogotà, Cali e Medellìn. Il terrore e l’angoscia di quegli anni sono raccontati da Gabriel García Márquez in “Noticia de un secuestro”.

Ma i tempi cambiano e i trenta narcotrafficanti arrestati il 13 ottobre dello scorso anno durante l’Operación Milenio – la più grande offensiva contro il traffico di droga messa a punto dalla Dea statunitense (la Drugs Enforcenment Administration) in collaborazione con l’Fbi e la Cia – hanno abbandonato la vecchia lettera22, così come i sequestri, e si sono affidati alla più moderna tecnologia: oggi sono in rete con il sito www.extradicion.org. La pagina si apre con una cartina della Colombia che esplode. Dalle sue ceneri emerge uno Zio Sam e la scritta: “Colombiano, tu sei il sogno americano”. Quindi appare una cella che si chiude, e dietro le sbarre si vedono i detenuti passati in rassegna dal mirino di un fucile.

Nel sito si ripercorre rapidamente la storia delle pene inflitte in passato a chi infrangeva le norme del vivere civile. Si va dall’ostracismo dei greci nell’epoca di Pericle, all’esilio forzato impostosi dal V secolo in tutto il bacino del Mediterraneo. Attualmente, dicono gli arrestati dell’operazione “Milenio”, si è affermata una nuova forma di esilio forzato: l’estradizione. Secondo gli “estraditabili” il governo colombiano, incapace di giudicare i suoi cittadini, li affiderebbe alla giustizia nordamericana in cambio dei 934 milioni di dollari che il “Plan Colombia” farà arrivare nelle casse dello stato per finanziare la lotta alla droga. Oltre all’aiuto economico, il piano, approvato il 22 giugno dal Senato statunitense, prevede l’invio di truppe nordamericane specializzate in contro-guerriglia e narcotraffico che aiuteranno le forza armate colombiane a sradicare le piantagioni di coca e papavero nel sud del paese.

Nel loro comunicato virtuale, i “moderni” estraditabili sostengono anche che gli Stati Uniti starebbero intavolando negoziati segreti con i capi del narcotraffico affinché denuncino i loro complici in cambio di “sconti” di pena. In un’intervista al quotidiano El Tiempo, “El Viejo”, capo del cartello della regione del Valle, ha dichiarato che la Dea statunitense ha chiesto ai nuovi trafficanti un “pedaggio” per ogni partita di coca che entra nel paese. La tassa equivarrebbe al 50 per cento della droga esportata, che la Dea si incaricherebbe poi di distruggere. In questo modo si ridurrebbe gradualmente l’ingresso di stupefacenti nel paese. Le autorità nordamericane, infatti, spiegano che un blocco totale dello spaccio di droga provocherebbe una protesta generale dei 12 milioni di tossicodipendenti e dei 50 milioni di consumatori occasionali che vivono in Usa.

Gli arrestati dell’operazione Milenio affermano anche che la visita l’anno scorso del Presidente della Borsa di New York nella regione del Caguán, meglio nota come Farclandia, aveva come unico obiettivo il controllo delle entrate miliardarie delle Farc, le Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia che da quarant’anni contestano la legittimità dello Stato colombiano. Wall Street, infatti, starebbe cercando di convincere la cupola guerrigliera a investire in Borsa per “lavare” i capitali provenienti da narcotraffico, estorsioni e sequestri di persona. In cambio la guerriglia avrebbe ottenuto la promessa della non estradizione di Granobles accusato dell’omicidio di tre indigenisti statunitensi e fratello del “Mono Jojoy”, all’anagrafe Jorge Briceño Suarez, uno dei capi delle Farc.

Nel comunicato on-line si sostiene anche che l’ambasciatore degli Stati Uniti in Colombia, Kurtis Kamman, intrattiene negoziati con Carlos Castaño, leader dell’Auc (Autodefensas Unidas de Colombia), affinché rinunci al traffico di droga per finanziare la sua contro-guerriglia, illegalmente appoggiata dalle forze armate colombiane. In cambio i paramilitari otterrebbero il riconoscimento dello status di “forza belligerante” e potrebbero sedere al tavolo dei negoziati che il governo di Andrés Pastrana mantiene con Farc ed Eln (Ejército de Liberaciòn Nacional). Una voce in più da ascoltare, tasche in più da riempire: la torta del “Plan Colombia” fa gola a molti attori del conflitto armato che da anni insanguina il paese.

Nel sito www.extradicion.org si incontra inoltre l’elenco di tutti gli articoli della Costituzione colombiana che regolano i rapporti con paesi terzi. Gli estraditabili chiedono all’esecutivo una riforma costituzionale che abolisca l’estradizione. Hanno parole anche per l’attuale processo di pace tra governo e guerriglia. Lo giudicano “limitato e senza controprestazione”, e accusano il governo di comprare i voti della guerriglia e dei loro sostenitori, nello sforzo di mantenere la minoranza conservatrice al potere. Gran parte dell’opinione pubblica colombiana condivide quest’interpretazione: si è venuti a patti con persone che, mentre siedono al tavolo dei negoziati, continuano a massacrare civili, sequestrare minori, estorcere commercianti e attentare contro le già scarse infrastrutture del paese. Gli estraditabili, inoltre, accusano la guerriglia – tanto le Farc come l’Eln – di intervenire a tal punto nei loro “affari” da provocare un rialzo del prezzo del prodotto. Non è un mistero, infatti, che i gruppi sovversivi finanziano la loro “causa rivoluzionaria” con estorsioni ai danni di narcotrafficanti e cocaleros – coltivatori di coca e papavero cui tanto la guerriglia quanto i paramilitari garantiscono protezione armata.

Nel sito si trova anche un’intervista rilasciata nella carcere La Picota di Bogotà da Fabio Ochoa Vásquez, uno dei maggiori esponenti della terza generazione di mafiosi colombiani la cui famiglia possiede un milione di ettari di terra nel paese. Nell’intervista, il noto narcotrafficante esprime i suoi dubbi sulle modalità dell’Operación Milenio e afferma che in Colombia non si è mai aperto un dibattito sulla legalizzazione della droga perché ci sono troppe persone e “forze” che prosperano grazie alla lotta al narcotraffico. L’opinione di Vásquez è condivisa da molti analisti secondo i quali questo dibattito non avrà mai luogo. La potente influenza degli Usa, inoltre, soprattutto dopo l’approvazione del Plan Colombia, sembra aver chiuso qualsiasi possibilità di confrontarsi sull’opportunità della legalizzazione. La maggioranza dell’elettorato statunitense, infatti, è contraria ad un depenalizzazione dell’uso di stupefacenti ed i governanti nordamericani non osano nemmeno avanzare proposte in tal senso. Nelle urne paga molto di più una guerra senza quartiere al narcotraffico.

Tuttavia, la perla del sito extradicion.org è la teoria avanzata per spiegare l’alto tasso di disoccupazione – oltre il 21 per cento – e la recessione economica che da anni affligge il paese. Secondo gli estraditabili informatizzati, la crisi si deve alla “contrazione” del traffico di droga in città come Bogotà, Cali e Medellín. I nuovi narcotrafficanti assicurano di poter contribuire al rilancio dell’economia colombiana molto più che i capitani dell’industria nazionale e suggeriscono che si apra un dibattito pubblico sulla questione. Purtroppo la maggioranza dell’opinione pubblica colombiana condivide la loro teoria. All’epoca di Pablo Escobar, ultimo signore feudale del Medioevo colombiano, città come Cali e Medellín erano gioielli: ospedali, università, scuole, complessi residenziali e sportivi nonché stadi di calcio (l’oppio del popolo colombiano) erano un ottimo strumento per investire denaro sporco, dare lavoro a milioni di persone ed ottenere consenso popolare.

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