La Nasa tornerà sulla Luna, ma probabilmente ci metterà un po’ di più. L’Agenzia statunitense ha comunicato che non prevede di riportare l’essere umano sul nostro satellite prima del 2025, almeno un anno dopo rispetto a quanto annunciato in precedenza durante l’amministrazione Trump. Che succede alla missione Artemis?
LIVE NOW: Listen to NASA leadership provide an update on our upcoming @NASAArtemis missions, our lunar exploration program 🌙 https://t.co/mzKW5uV4hS pic.twitter.com/EZT4MDxks4
— NASA (@NASA) November 9, 2021
Gli intoppi
I motivi che portano a posticipare l’allunaggio della prima donna e della prima persona di origini afroamericane dal 2024 ad almeno il 2025 sarebbero diversi. In primis il budget stanziato dal Congresso non sarebbe sufficiente a completare lo sviluppo del sistema di atterraggio e la capsula Orion, che verranno impiegati dalla missione Artemis.
Il programma, oltretutto, ha subito dei ritardi a causa di una controversia legale contro la Nasa messa in piedi dalla Blue Origin di Jeff Bezos, che aveva perso la sfida (e l’appalto) a favore della SpaceX di Elon Musk proprio per la realizzazione del sistema di atterraggio sulla superficie Lunare. La causa si è conclusa il 4 novembre: Blue Origin ha perso il ricorso e ora SpaceX può riprendere i lavori. Anche la tecnologia per le nuove tute spaziali sarebbe in ritardo sulla tabella di marcia.
Nuova tabella di marcia
Per rivedere astronauti e astronaute della Nasa sulla Luna, insomma, dovremo aspettare un po’ più del previsto, almeno il 2025. Ma intanto le missioni preparatorie proseguiranno. Pianificato per il prossimo febbraio Artemis 1, il primo volo di prova del nuovo razzo lunare Space Launch System insieme alla capsula Orion vuota, mentre nel maggio 2024 (invece di settembre 2023) Artemis 2 porterà in orbita un equipaggio, che però non toccherà il suolo lunare ma andrà oltre il nostro satellite di 64mila chilometri prima di tornare a Terra.
Callie Rodriguez, la prima donna (a fumetti) sulla Luna
Servono soldi
L’amministratore della Nasa Bill Nelson ha dichiarato di aver aggiornato Kamala Harris, vicepresidente degli Stati Uniti e presidente del National Space Council, sulla necessità di rimpolpare i finanziamenti a partire dal 2023 per rispettare il nuovo programma di missioni spaziali. A causa dei ritardi dovuti alla pandemia e dei danni subiti dalla Michoud Assembly Facility della Nasa a New Orleans per via di alcune tempeste, il budget per completare le capsule Orion è salito da 6,7 miliardi di dollari a 9,3 miliardi di dollari.
Inoltre servono ulteriori fondi (5,7 miliardi di dollari in sei anni) per assicurare la competizione tra i privati per sviluppare la tecnologia necessaria ai 10 (se non più) nuovi allunaggi. In gioco, ha ricordato Nelson, c’è il primato degli Stati Uniti nello Spazio: ulteriori rinvii non faranno che aumentare le probabilità che la Cina batta tutti sul tempo.
Via: Wired.it