Nature tira le orecchie al Cnr

Non è la prima volta che la prestigiosa rivista inglese Nature si interessa alla politica della ricerca italiana. Dopo la questione dei brevetti, in un editoriale apparso sul numero di oggi, Nature non nasconde il proprio disappunto sulle nomine, ancora parziali, dei nuovi direttori del Consiglio Nazionale delle Ricerche. La riforma del Cnr prevedeva, infatti, sia la riduzione del numero di istituti da 330 a 100, che il reclutamento dei nuovi direttori all’interno della comunità scientifica internazionale. A un anno di distanza, recita il giornale, solo 22 nuovi dirigenti sono stati eletti e tutti hanno fatto parte del Cnr negli scorsi anni, quindi, sono tutti italiani. Di più. Le nomine in alcuni casi sarebbero state ingiuste: in particolare in un caso, scrive ancora Nature, uno scienziato di punta sarebbe stato scavalcato da un suo collega con un numero inferiore di pubblicazioni. E in media il coefficiente di visibilità – dato dal numero di volte che la ricerca di un dato ricercatore è stata citata da altri studi – degli esclusi è tre volte superiore a quella degli eletti. A causare questa situazione due cause principali: i miseri stipendi messi a disposizione dei dirigenti che non invogliano ricercatori stranieri a proporsi come candidati, e il sistema farraginoso con il quale le nomine vengono fatte. (l.g.)

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