Niente accade per caso. O quasi

Gli straordinari progressi conseguiti nelle varie discipline scientifiche non sono ancora sufficienti per poter conoscere, a priori, il verificarsi di un evento naturale che può avere conseguenze anche catastrofiche sull’umanità, come un’eruzione vulcanica o un terremoto. Alcuni “segnali”, probabilmente premonitori, sono stati individuati. Tuttavia, l’affidabilità è ancora bassa, tanto che gli esperti non sono in grado di stabilire se questi “segnali” siano eventi casuali oppure no. Nei giorni scorsi, alla Fondazione Ettore Majorana di Erice, la Scuola internazionale di Reti neurali “Eduardo Caianiello”, ha organizzato un incontro sui metodi automatici capaci di individuare, in una complessa sequenza di eventi, che cosa è casuale e che cosa, invece, non lo è. Matematici, informatici e statistici si sono confrontati su questo nuovo, affascinante, scenario.

“Si tratta di tecniche ancora sperimentali” spiega il professor Raffaele Cerulli del dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Salerno Baronissi “che hanno come obiettivo quello di distinguere, nell’analisi di enormi quantità di dati, quali sono gli elementi che si ripetono statisticamente e che possono, quindi, essere utilizzati come elementi premonitori di un determinato evento”.

Una disciplina in fasce, che si appresta solo adesso a muovere i primi, piccoli, passi.Nel campo della Sismologia, ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), presieduto dal professor Enzo Boschi, da alcuni anni prestano particolare attenzione ad alcune variazioni di parametri chimico-fisici che sono state riscontrate prima degli eventi sismici. Gli studiosi, naturalmente, sono cauti.

Ad oggi non hanno, infatti, alcuna certezza sulla non casualità delle variazioni osservate. E sempre in campo sismologico, un paio di anni addietro, un gruppo di ricercatori russi ha ipotizzato che i terremoti, prima di verificarsi, possano perturbare la ionosfera, lasciando una traccia. Anche in questo caso non è dato sapere se la traccia lasciata sulla ionosfera sia casuale oppure no. Fino a quando il nodo non verrà sciolto entrambe le ipotesi scientifiche non potranno trovare applicazioni pratiche. Il precursore, se è tale, c’è sempre: dopo l’evento, andando indietro nel tempo lo si deve, necessariamente, trovare. Ma le variazioni di alcuni parametri chimico-fisici nell’area colpita dal terremoto, come pure le perturbazioni della ionosfera si registrano sempre? La risposta, purtroppo, non è ancora definitiva.

“Verificare, pertanto, se questi segnali siano casuali o legati al fenomeno” dice Cerulli “è il nostro obiettivo”. Un progetto ambizioso che potrebbe avere risvolti pratici di primissimo ordine. “Stiamo con i piedi per terra” puntualizza Cerulli “siamo solo all’inizio”. A guardare con interesse questi nuovi metodi automatici, frutto del lavoro congiunto di matematici, statistici ed informatici, non sono soltanto i sismologi: studiosi di metereologia, climatologia, biologia e astronomia hanno analoghe esigenze.

Quando i dati da analizzare sono giganteschi, ecco che sorge il problema: basti pensare, ad esempio, alle variabili legate all’andamento del riscaldamento del pianeta o a quelle implicate nella ricombinazione dei geni. “Quasi nessuna cosa è casuale” dice Cerulli “siamo noi a non aver trovato finora quelli che sono i comportamenti prevedibili. Prima di un evento ci sono cose che si ripetono e che noi ancora non conosciamo. Per questa ragione abbiamo cominciato l’avventura di leggere un libro senza conoscere le informazioni che contiene nel suo interno”. I segnali premonitori di un evento, dunque, ci sarebbero sempre, basterebbe saperli “leggere”. Noi siamo ancora nelle stesse condizioni di un cieco che non vede il lampo prima di udire il tuono. Se riuscisse a vederlo saprebbe cosa accade da lì a qualche secondo.

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