Nobel, la Pace di Bertha von Suttner

Lunedì 7 ottobre avrà inizio la cerimonia di proclamazione dei Nobel 2013. Per l’occasione Sapere dedica una delle sue rubriche alla figura di Bertha von Suttner, premio Nobel per la pace nel 1905. Il ricordo, estratto dalle pagine del numero di ottobre, a firma di Annapaola Laldi. 

“All’inizio non [lo] volevo accettare perché era tassa a carico. Tuttavia l’ho preso. Ne valeva la pena». A scrivere queste scarne parole è Bertha von Suttner e l’oggetto che stava per rifiutare è il telegramma con cui le veniva conferito il premio Nobel per la Pace nel 1905. Era una notizia che Suttner attendeva dal 1901: priva di ogni falsa modestia, sapeva di avere molti meriti nel movimento della pace, e poi era certa che il suo amico Nobel, istituendo quel premio, avesse pensato a lei. Quale altra donna, infatti, poteva avere in mente l’inventore svedese quando le aveva scritto, nel gennaio 1893, di voler disporre nel testamento l’assegnazione di un premio (ogni cinque anni e per sei volte sole) «a colui o colei che avrà fatto fare il più grande passo avanti alla pacificazione dell’Europa. […]»? Non a torto Suttner si sentiva coinvolta da quel pronome femminile.

Benché all’epoca l’assegnazione del premio non venisse motivata, è facile capire le basi su cui esso poggia: la dedizione ventennale alla causa, espressa anche nell’invenzione di una incisiva parola d’ordine (Giù le armi!), e l’efficace opera di propaganda svolta da Suttner a favore del disarmo e dell’arbitrato internazionale. 

La dedizione di Suttner per il movimento pacifista ebbe inizio nell’inverno 1886-87 trascorso a Parigi col consorte. Lì venne a sapere dell’esistenza della International Peace and Arbitration-Association di Londra, un movimento che sosteneva l’istituzione dei Tribunali arbitrali per dirimere i conflitti tra le nazioni
prima che la parola passasse alle armi. La notizia la elettrizzò. Fece subito suo l’appello del britannico Hodgson Pratt, che invitava a «formare una grande lega con ramificazioni in tutte le città europee» per superare la frustrante frammentazione del movimento. Tornata a Vienna, cominciò la sua opera di informazione (era già una saggista affermata) e di “apostolato”, scrivendo il romanzo che doveva dare a lei enorme fama e al movimento perla pace la sua suggestiva parola d’ordine – «Giù le armi!». Che è
proprio il titolo del libro pubblicato nel 1889, in cui l’io narrante, una giovane nobildonna austriaca, a causa delle sue drammatiche esperienze personali legate alle guerre del 1859 e del 1866, matura una lucida e razionale avversione per la guerra. Il libro, ancora oggi godibile, ebbe un immediato strepitoso successo
e fu subito tradotto in molte lingue, fra cui russo, inglese, danese, francese, italiano (Abbasso le armi!). Alfred Nobel, che lo lesse all’inizio del 1890, parla, in una lettera, di «uno stupendo capolavoro» e aggiunge che non vi era una lingua «nella quale la Vostra eccellente opera non dovrebbe essere tradotta, letta e meditata». E Leone Tolstoj, nel 1891, le scrisse addirittura: «L’abolizione della schiavitù è stata preceduta dal libro famoso [La capanna dello zio Tom] di una donna, la signora Beecher-Stowe; Dio conceda che l’abolizione della guerra lo sia grazie al vostro».

Alla base dell’efficacia della sua propaganda pacifista ci fu quindi la fama internazionale venutale dal romanzo, che Suttner impiegò per creare, mediante un vasto scambio epistolare, una fitta rete
direlazioni con personalità appartenenti alla politica e alla cultura, molte delle quali erano nobili e quindi suoi pari, discendendo dalla famiglia dei conti Kinsky di Praga. […] 

L’articolo completo è disponibile sul numero di ottobre di Sapere. Ecco come acquistare una copia della rivista o abbonarsi on line. 

Credits immagine: Carl Pietzner/ Stadtchronik Wien, Verlag Christian Brandstädter via Wikipedia

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