Non c’è pace senza giustizia

Nasce oggi a L’Aja la Corte Penale Internazionale (Cpi), il tribunale permanente delle Nazioni Unite che potrà perseguire i crimini di guerra contro l’umanità e i colpevoli di genocidio. Ci sono voluti quattro anni dall’approvazione del Trattato di Roma (luglio 1998), ma oggi, completato l’iter necessario, il Tribunale è una realtà. La Corte è un traguardo storico e rappresenta il più grande strumento di protezione dei diritti umani nel mondo dopo la Carta dell’Onu approvata oltre cinquant’anni fa. Composta da 18 magistrati, potrà perseguire ogni reato contro l’umanità commesso nei 74 paesi che hanno ratificato il Trattato di Roma, ma solo se le autorità non agiscono in modo autonomo o rinunciano a farlo. Sono stati dunque smentiti gli esperti che avevano previsto almeno 10 anni per la nascita della Corte, eppure l’organismo di giustizia internazionale solleva ancora delle resistenze. Come quelle di Cina, Stati Uniti e Russia che hanno rifiutato la ratifica. L’amministrazione di George W. Bush, inoltre, ha fatto sapere che “gli Stati Uniti non intendono far parte del trattato e quindi non hanno alcun obbligo giuridico nei confronti della Corte”, nonostante la firma del Trattato di Roma da parte di Bill Clinton. Ma c’è di più. Ieri, gli Usa hanno innescato una battaglia presso le Nazioni Unite minacciando di porre il veto a tutte le missioni di pace se i militari americani impegnati nelle operazioni non avessero ottenuto un salvacondotto per essere esonerati dalle indagini della Corte. Solo dopo lunghe discussioni la minaccia si è trasformata in un ultimatum di 72 ore. Al di là delle preoccupazioni politiche e delle esigenze di sovranità nazionale, è la prima volta, dai processi di Norimberga, che una Corte internazionale viene istituita prima che siano commessi i crimini di cui si dovrebbe occupare e, soprattutto, che abbia uno statuto permanente, rendendo ancora più forte il suo potere di deterrenza. (m.ba.)

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