Categorie: Salute

Non chiamatelo Alzheimer

C’è una malattia di cui si parla poco, spesso diagnosticata come Alzheimer o come Parkinson ma in realtà caratterizzata da sintomi molto diversi. Una malattia contro cui la medicina è al momento quasi disarmata, ma nel cui studio un gruppo italiano sta facendo importantissimi passi avanti. È la sindrome “Lewy Body”, una malattia neurodegenerativa caratterizzata dalla formazione di corpuscoli circolari all’interno del citoplasma delle cellule neuronali: appunto i “corpi di Lewy”, da F.H. Lewy che li descrisse per primo nel 1912. Queste formazioni sono state spesso trovate post mortem in pazienti cui era stato diagnosticato l’Alzheimer o il Parkinson, tanto da essere considerati una caratteristica di queste malattie. Ma ormai da tempo, gli specialisti tendono a considerare la malattia “Lewy-Body” una sindrome a parte, distinta sia per cause sia per sintomi. “All’inizio, questa patologia può essere facilmente confusa con il Parkinson, perché provoca problemi di tipo motorio molto simili” spiega Stefano Ruggieri, ordinario di clinica neurologica presso il Dipartimento di Scienze Neurologiche dell’Università “La Sapienza” di Roma. “Poi però appaiono le psicosi, in particolare psicosi persecutorie o di gelosia, che normalmente non si verificano nel Parkinson, e allucinazioni. Il che è probabilmente dovuto al fatto che i corpi di Lewy impediscono alla corteccia cerebrale di fare il proprio lavoro, e distinguere ciò che è reale e ciò che non lo è nelle immagini prodotti dai nuclei basali”. A questo punto il medico può tipicamente iniziare a notare che i farmaci contro il Parkinson non funzionano, mentre danno risultati quelli contro le demenze. “Questo è quasi un criterio diagnostico” spiega Ruggieri. “Di fronte a una risposta ai trattamenti di questo tipo, si è molto probabilmente di fronte alla sindrome Lewy Body”. Anche l’efficacia dei farmaci ha breve durata, perché poi il paziente ha un tracollo molto rapido, in cui la demenza prende il sopravvento. Finendo a questo punto per assomigliare (e spesso essere confusa) con l’Alzheimer, ma con l’importante differenza dei parkinsonismi, delle allucinazioni e di una maggiore lucidità, in cui il paziente, a differenza del malato di Alzheimer, è cosciente della propria malattia e della propria incapacità di ricordare. Non esistono strumenti diagnostici per accertare con sicurezza questa sindrome, e i corpi di Lewy possono essere rivelati solo dall’autopsia. Ma il vero problema è che in Italia in particolare manca l’informazione al pubblico su questa malattia, come testimonia il fatto che in Rete non si trova una sola pagina in italiano dedicata a essa, e che non tutti i centri sono attrezzati per diagnosticarla correttamente. Non che esistano terapie efficaci, come d’altronde per l’Alzheimer. Ma almeno il supporto psicologico per pazienti e parenti, vista la presenza di allucinazioni associate alla consapevolezza della malattia, dovrebbe essere diverso. E non stiamo parlando di una malattia marginale: si calcola che la Lewy Body costituisca il 15 per cento delle forme di demenza, la terza causa dopo l’Alzheimer e la demenza di origine vascolare. Da un paio di anni a questa parte, tuttavia, la ricerca sta facendo finalmente passi avanti nella comprensione di questa malattia. I ricercatori guidati da Ruggieri sono infatti riusciti a riprodurre la formazioni dei corpi di Lewy in un modello animale. Hanno provocato nei topi un’intossicazione cronica di MPTP, una forma degenerata della morfina di cui si è scoperto per caso, circa 20 anni fa, la capacità di indurre sintomi simili al Parkinson. “Questa sostanza attacca i mitocondri, gli organelli che fanno da centrale energetica della cellula, causando una caduta di energia e una produzione abnorme di radicali liberi” spiega il ricercatore. Questo innesca una catena di eventi per cui la cellula non riesce più a disfarsi della propria “spazzatura”, cioè dei prodotti di degradazione del suo metabolismo. E il risultato è la formazione di corpuscoli molto simili a quelli di Lewy rilevati negli umani.Il passo successivo, naturalmente, sarà quello di cercare il modo di “sbloccare” questo meccanismo e inibire così la formazione dei corpi di Lewy.

Nicola Nosengo

Scrittore e giornalista. Dopo essersi laureato in Scienze della Comunicazione all'Università di Siena ed aver frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste, si dedica al giornalismo scientifico, scrivendo articoli sulla tecnologia, sulle neuroscienze e sulla medicina. Pubblica nel 2003 il suo primo lavoro L'estinzione dei tecnosauri, in cui parla di tutte le tecnologie che non sono sopravvissute allo scorrere del tempo. Attualmente tiene una rubrica mensile sulla rivista Wired dedicata allo stesso tema.Tra il 2003 e il 2007 collabora con diverse redazioni come L'espresso, La Stampa, Le Scienze, oltre che aver partecipato alla realizzazione dell'Enciclopedia Treccani dei Ragazzi.Nel 2009 ha pubblicato, con Daniela Cipolloni, il suo secondo libro, Compagno Darwin, sulle interpretazioni politiche della teoria dell'evoluzione.

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