Non sparate su quella proteina

Nel 2001 fruttò il Nobel per la medicina a Paul Nurse, insieme a Leland Hartwell e Tim Hunt. È la proteina Cdk, uno dei motori che regola la riproduzione cellulare. Oggi la chinasi ciclica-dipendente torna a essere protagonista; questa volta di uno studio pubblicato su “Nature” a firma di Marco Foiani, direttore dell’unità Ifom “stabilità del genoma”, che ne svela un ruolo finora insospettato e ne rivoluziona le proprietà: non solo attivatore della duplicazione cellulare ma anche dei sistemi di controllo cellulari, e parte attiva quindi nella riparazione dei danni del Dna. La ricerca, condotta insieme ad Achille Pellicioli su cellule di lievito Saccharomyces cerevisiae, finanziata dall’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc), apre nuove prospettive per la cura dei tumori. Oggi, infatti, molti farmaci chemioterapici colpiscono proprio questa proteina inibendone l’attività. Una strategia che la scoperta di Foiani mette in discussione. Per una cellula la rottura del Dna è una cosa seria. Se non corre subito ai ripari, infatti, il danno rischia di determinare un’alterazione genetica e di propagarsi via via che la cellula si moltiplica, formando quindi interi tessuti o organi “difettosi”. Oppure, nella peggiore delle ipotesi, le cellule si possono moltiplicare in maniera incontrollata e originare così un tumore. I meccanismi di riparazione cellulare servono quindi a scongiurare che accada il peggio. Se l’intervento non è repentino scatta l’ultimo dei meccanismi che la cellula ha: la morte cellulare programmata, o apoptosi. Ebbene, in questo processo complesso e cruciale per la salute dell’organismo intero la Cdk non solo favorisce la replicazione della cellula ma attiva i sistemi di controllo e favorisce la riparazione.”Questa proteina è stata molto studiata”, spiega Foiani, “ma sempre in condizioni di normalità. Noi invece abbiamo valutato cosa succede nelle cellule danneggiate”. Finora infatti si era pensato che ciò che accadeva in condizioni normali succedesse anche quando il Dna era danneggiato. Certo in maniera rallentata, lasciando cioè alla cellula il tempo di cercare di riparare il danno. A volte però il sistema di riparazione non funziona, la cellula si riproduce e il danno si propaga. Ecco allora che Cdk è diventata un bersaglio da colpire per evitare il propagarsi del difetto. “Ma la nostra scoperta mette in discussione questo assunto”, va avanti Foiani. Il Cdk infatti si comporta come un infermiere: pulisce accuratamente le lesioni, accende i monitor che tengono sotto controllo le funzioni vitali del paziente e, in attesa di un chirurgo, dispensa le prime cure. “Questa proteina è indispensabile perché la lesione sia processata nel modo corretto e per attivare i checkpoint (sistemi di controllo cellulari) e i successivi meccanismi di riparazione e protezione dal cancro”.Ed ecco quindi la novità: per aiutare una cellula a riparasi non bisogna inibire l’azione del Cdk. “Paradossalmente questa strategia infatti potrebbe risultare pericolosa, inceppare i sistemi di controllo e peggiorare la situazione del tumore”, spiega ancora Foiani. Non tutti i chemioterapici hanno come target questa proteina, ma ci sono diverse sostanze usate nei cocktail di farmaci contro il cancro che inibiscono proprio l’azione di questa proteina. Pensiamo poi a persone che possono avere delle alterazioni proprio a livello dei geni che codificano per la Cdk: ogni rottura del Dna, fisiologica oppure causata da farmaci o radiazioni, ha una probabilità di dare luogo a un tumore molto maggiore che nelle persone con Cdk “sano”, perché il sistema di allarme e controllo della cellula è fallato in partenza. “Per questo capire quale sia il profilo genetico dei diversi tumori e dei diversi pazienti diventa per noi estremamente importante”, conclude Foiani. “Il futuro della lotta ai tumori si giocherà tutto su questo terreno: trovare una cura adeguata a ogni singolo caso”.

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