Salute

Un nuovo approccio per “fare luce” sul cancro

Di Nicola Stanzione

Capita spesso che le idee migliori nascano da una geniale e inaspettata illuminazione. È letteralmente quanto accaduto nei laboratori dell’Università di Singapore, i cui ricercatori hanno messo a punto un metodo innovativo per la cura del cancro, basato sulla terapia fotodinamica, cioè sulla capacità di certi farmaci sensibili alla luce di uccidere selettivamente le cellule cancerose.

In realtà, non è la prima volta che la terapia fotodinamica viene impiegata per tale scopo. Si tratta infatti di una tecnica di precisione, adoperata con successo nel trattamento di diversi disturbi dermatologici, dalle lesioni dovute all’eccessiva esposizione solare o all’invecchiamento cutaneo a quelle di origine tumorale. In particolare, la terapia fotodinamica si avvale di sostanze specifiche, dette fotosensibilizzanti. Queste sostanze, dopo essere state assorbite selettivamente dalle cellule tumorali, ne contrastano la proliferazione quando sono attivate da specifiche lunghezze d’onda emesse da una fonte luminosa. Come conseguenza di questa attivazione, i fotosensibilizzanti producono specie reattive dell’ossigeno, che uccidono con estrema accuratezza le cellule malate in cui si sono sviluppate, riducendo al minimo gli effetti collaterali tipici della chemioterapia.

Tuttavia, a causa della scarta capacità della luce di penetrare attraverso la pelle, questo metodo è spesso limitato ai soli tumori superficiali. Per curare organi interni, come fegato e cervello, si dovrebbe agire chirurgicamente prima di poter usare il metodo fotodinamico. Ma in un articolo pubblicato recentemente su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), i professori Zhang Yong e John Ho, a capo del team di ricerca dell’università asiatica, hanno sostenuto di aver messo a punto un dispositivo miniaturizzato, dal peso di soli 30 milligrammi, in grado di emettere luce a distanza grazie ad un sistema di alimentazione wireless. Dopo essere stato impiantato nel sito d’azione, questo congegno sarebbe in grado di controllare con estrema precisione l’azione dei farmaci fotosensibilizzanti negli organi più interni  dell’organismo. Secondo il professor Ho, “questo nuovo approccio fornirà vantaggi significativi per il trattamento dei tumori in regioni del corpo prima inaccessibili. Non solo: potendo programmare le emissioni di luce in base alle necessità del paziente, sarà possibile personalizzare la terapia, prevenendo la ricomparsa del cancro senza ulteriori interventi chirurgici”.

Conclusi gli esperimenti preliminari, i ricercatori sono attualmente al lavoro per sviluppare nanosistemi in grado di veicolare i fotosensibilizzanti fino all’organo bersaglio. Allo stesso tempo, sono ancora in fase di studio tecniche poco invasive che permettano di impiantare i dispositivi wireless sul sito d’azione con la massima precisione e accuratezza. Infine, non si esclude la possibilità di poter integrare speciali sensori, capaci di monitorare in tempo reale la risposta dell’organismo al trattamento fotodinamico.

Riferimenti: PNAS

Articolo prodotto in collaborazione con il Master SGP di Sapienza Università di Roma

Redazione Galileo

Gli interventi a cura della Redazione di Galileo.

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