Salute

Il sonno serve anche a dimenticare? Uno studio italiano

Perché dormiamo? Una domanda a cui la scienza prova a rispondere da tempo, senza arrivare mai a una risposta univoca e definitiva. Alcuni studi, per esempio, suggerivano che il sonno servisse in qualche modo per risparmiare energia, ma uno studio, apparso lo scorso anno sulle pagine di Science, a firma di due psichiatri, Chiara Cirelli e Giulio Tononi del Wisconsin Center for Sleep and Consciousness, aveva riproposto la testi che si dorma soprattutto per dimenticare. E pochi giorni fa, i due ricercatori hanno presentato, durante la conferenza annuale dell’American Association for the Advancement of Science, ulteriori sviluppi e nuove prove dirette che sia effettivamente così.

Il prezzo della plasticità

La loro idea, in altre parole, supporta la teoria della “omeostasi sinaptica” (Shy), basato sul fatto che il sonno è il prezzo da pagare perché i nostri cervelli siano plastici, ovvero in grado di continuare a imparare cose nuove ogni giorno. In altre parole, la funzione principale del sonno sarebbe quella di tenere sotto controllo l’efficienza delle sinapsi.

Ma cosa accade al nostro cervello ogni giorno? Gli autori sono riusciti a dimostrare con le immagini al microscopio elettronico che le nostre sinapsi, ovvero le giunzioni tra i neuroni, diventano forti e grandi per gli stimoli che riceve il nostro cervello durante la veglia mentre apprende cose nuove, per poi ridursi e depotenziarsi di quasi il 20% mentre dormiamo, per eliminare ricordi ed esperienze “inutili”. Dimenticare, infatti, significa fare spazio per le informazioni che si acquisiranno il giorno successivo.

Dimenticare grazie a un sonno smemorizzatore

Per identificare i cambiamenti che avvengono tra la veglia e il sonno nelle sinapsi, i ricercatori si sono concentrati su due aree della corteccia cerebrale di un gruppo di topi e poi servendosi della tecnica di microscopia elettronica, sono riusciti a ricostruire 6.920 sinapsi e misurare le loro dimensioni. Durante lo studio, va precisato, i ricercatori non sapevano se stavano analizzando le cellule cerebrali di un topo che aveva dormito o di uno che era rimasto sveglio. Alla fine delle analisi, ovvero quando hanno messo a confronto le misurazioni con la quantità di sonno, i ricercatori hanno notato che un riposo di sei-otto ore portava in media a una diminuzione del 20% della dimensione delle sinapsi in entrambe le aree della corteccia cerebrale e in modo proporzionale alle dimensioni delle sinapsi. “Il nostro studio è stato un grande azzardo che sta dando i suoi frutti”, conclude Cirelli, aggiungendo che ora vorrà esaminare altre aree del cervello per capire qual è il ruolo del sonno nello sviluppo cerebrale.

Riferimenti: American Association for the Advancement of Science

Marta Musso

Laureata in Scienze Naturali alla Sapienza di Roma con una tesi in biologia marina, ha sempre avuto il pallino della scrittura. Curiosa e armata del suo bagaglio di conoscenze, si è lanciata nel mondo del giornalismo e della divulgazione scientifica. “In fin dei conti giocare con le parole è un po' come giocare con gli elementi chimici”.

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