Nuovo bersaglio contro la Tbc

La lotta alla tubercolosi avrà presto un’arma in più. Si tratta dei benzotiazinoni (BTZ), una nuova classe di agenti antimicobatterici, la cui azione impedisce la formazione della parete cellulare del Mycobacterium tuberculosis, la barriera di difesa che il microrganismo sfrutta per diventare resistente ai farmaci. In particolare uno di questi composti, il BTZ043, è stato testato in vitro e in vivo, su modelli animali, e ha dimostrato di essere efficace tanto quanto i farmaci oggi in uso. Ma sfruttando un meccanismo diverso e quindi colpendo anche i batteri resistenti. La scoperta arriva alla vigilia della Giornata mondiale contro la Tbc (24 marzo) dalle pagine di Science a firma del consorzio “New medicines for tuberculosis” finanziato dalla Commissione Europea e coordinato da Stewart Cole dell’Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna, che vede coinvolti 34 gruppi di ricerca internazionali tra cui il dipartimento di genetica e microbiologia dell’Università di Pavia.

La tubercolosi, malattia infettiva che uccide ogni anno quasi due milioni di persone in tutto il mondo e ne infetta 9 milioni, è una delle emergenze sanitarie più importanti soprattutto nei paesi in via di sviluppo, dove si associa spesso all’infezione da Hiv. Non solo. Continuano a emergere ceppi multiresistenti ai farmaci antitubercolari di prima e seconda generazione (MDR e XDR): secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità ogni anno ci sono 490 mila casi di MDR-TB e 40 mila di XDR-TB, contro i quali è opportuno mettere in campo nuovi e più efficaci farmaci.

Così, Vadim Makarov del Centro di Ricerca per gli antibiotici di Mosca e Ute Möllmann dell’Hans-Knöll-Institute di Jena hanno provato a sintetizzare dei composti a base di zolfo, gli eterocicli, concentrandosi poi su una sottoclasse, appunto quella dei nitro- benzotiazinoni. Scoprendo così che il BTZ043, somministrato in topi infettati con Tbc alle stesse dosi dei farmaci in uso – isoniazide e rifampicina- , è efficace quanto questi nel distruggere il batterio e ridurre la carica batterica nei polmoni, senza evidenti effetti collaterali.

Ma a svelare il meccanismo di azione dei benzotiazinoni è stato il gruppo di ricerca tutto al femminile dell’Università di Pavia, guidato da Giovanna Riccardi. “Il farmaco colpisce un enzima fondamentale nella biosintesi della parete cellulare del bacillo di Koch”, spiega Riccardi. “Il suo nome è Rv3790, è essenziale per la vita di M. tuberculosis ed è coinvolto nella sintesi dell’arabino-galattano, un componente essenziale della parete cellulare micobatterica”. È proprio la parete cellulare, che in questo batterio è molto più spessa rispetto a quella di altri microrganismi, a determinare la resistenza intrinseca agli antibiotici. “Immaginiamo la cellula come una casa in costruzione e la parete cellulare come degli strati di mattoni”, continua Riccardi. “Mentre il farmaco in uso attualmente, l’isoniazide, blocca l’ultima fase della costruzione, cioè la sintesi degli acidi micolici, gli benzotiazinoni riescono a impedire la fase intermedia, cioè la sintesi dell’arabino-galattano”. In sostanza, per distruggere una coltura di M. tuberculosis è necessaria una concentrazione di 50 nanogrammi/ml di isoniazide, contro una di 0,7 nanogrammi/ml di benzotiazinoni.

Per arrivare a individuare il bersaglio, che è stato oggetto di un brevetto, le ricercatrici hanno usato diversi approcci microbiologici. “Abbiamo trattato una coltura batterica con altissime concentrazioni del farmaco, che non si useranno mai in vivo, in modo da sviluppare dei mutanti resistenti. Quindi li abbiamo isolati e siamo andate a indagare il perché avessero sviluppato la resistenza. Tutti presentavano una mutazione nel codone 387 del gene Rv3790 di M. tuberculosis, dove una cisteina è stata sostituita da una glicina o una serina. Così abbiamo identificato in questo enzima il bersaglio dei benzotiazinoni”, spiega Riccardi. “Questa scoperta è importante sia per fini diagnostici, perchè di fronte a delle resistenze sarà possibile andare a vedere dove è mutato il gene codificante il bersaglio, sia per studi di nuovi farmaci antitubercolari”, conclude Riccardi.

La Rv3790 appare fondamentale non solo per la vita di patogeni estremamente pericolosi quali M. tuberculosis e M. Leprae, l’agente eziologico della lebbra, ma anche per microrganismi gram-positivi strettamente correlati come Corinebatteri, Nocardia e Rodococcchi. I benzotiazinoni, quindi, possono essere efficaci contro altre malattie. Fra i Corinebatteri, infatti, la specie C. diphtheriae causa la difterite nell’essere umano; alcune specie di Nocardia causano infezioni cutanee o polmonari mentre i Rodococchi sono particolarmente pericolosi per persone immunocompromesse, specialmente quelle affette da Hiv.

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