La variante omicron potrebbe arrivare dai topi

omicron
(Foto: Zdeněk Macháček on Unsplash)

Secondo uno studio dell’università del Minnesota, negli Stati Uniti, la variante omicron di Sars-cov-2  potrebbe avere avuto origine nei topi. I ricercatori, infatti, hanno studiato le numerose mutazioni a carico della proteina spike della variante tuttora dominante a livello globale, trovando che una di queste sarebbe compatibile sia con un recettore delle cellule umane sia con uno delle cellule di topo, mentre altre due mutazioni sarebbero compatibili solo con il recettore dei topi: tali caratteristiche potrebbero essere giustificate della trasmissione di una variante di Sars-cov-2 dagli esseri umani ai topi, la sua evoluzione in omicron e il successivo ritorno negli esseri umani. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Pnas.

Omicron continua a diffondersi – e a mutare

Emersa alla fine del 2021 e diffusasi rapidamente a livello globale, la variante omicron continua a essere dominante in tutti i paesi del mondo. Inoltre, con il passare del tempo, emergono le sue sotto-varianti, alcune delle quali sembrano essere più infettive e sfuggire meglio al sistema immunitario dell’ospite. Come riporta un’indagine coordinata dall’Istituto superiore di sanità (Iss) in Italia, secondo i dati aggiornati al 4 ottobre scorso, omicron aveva una prevalenza stimata al 100%, con la sotto-variante Ba.5 (detta omicron 5, diffusasi a partire da febbraio 2022 e di cui vi abbiamo parlato qui) largamente predominante. Non solo: secondo i Centers of disease control and prevention (Cdc), due sotto-varianti derivanti da Ba.5 (chiamate Bq.1 e Bq.1.1), al 15 ottobre rappresentavano circa l’11 % delle infezioni negli Stati Uniti, mentre il mese prima meno dell’1%, suggerendo la loro elevata infettività; nel frattempo, il consueto aggiornamento epidemiologico dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), pubblicato il 19 ottobre scorso, ha segnalato la presenza in 26 paesi del mondo di xbb, un ricombinante delle sotto-varianti di omicron Ba.2.10.1 e Ba.2.75 con 14 mutazioni aggiuntive nella proteina spike; secondo l’organizzazione sanitaria, che si è basata su prove preliminari di laboratorio, quest’ultima sarebbe la variante di Sars-cov-2 maggiormente in grado di sfuggire agli anticorpi.


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Lo studio e i risultati

Alla luce di ciò, monitorare la diffusione e l’origine delle varianti di un agente infettivo è fondamentale per contenerlo e scongiurare eventuali epidemie future; per questo motivo, in caso di zoonosi come Covid-19, diventa cruciale studiare anche i serbatoi animali che possono ospitare i virus e le loro varianti, al fine di comprenderne meglio l’evoluzione. Per quanto riguarda Sars-cov-2, non si hanno prove certe sulle origini della variante omicron, ma un metodo per indagarle (che si è rivelato utile anche nello studio dell’origine animale di Sars-cov-1, l’agente responsabile della Sars) è analizzare la porzione della proteina spike – che in omicron presenta più di 50 mutazioni rispetto al ceppo originario – che interagisce con i recettori Ace, contenuti sia negli esseri umani sia nei topi, e che attraverso questo legame media l’entrata del virus nelle cellule ospiti. Studiare gli adattamenti della struttura di spike al recettore Ace in base alle diverse specie animali (in questo caso esseri umani e topi, ritenuti, come si legge nello studio, due possibili fonti della variante omicron) può fornire indicazioni molto utili sull’evoluzione e sulle origini del virus.

In effetti, i ricercatori si sono focalizzati su quattro mutazioni tipiche di omicron che circondano la regione di interazione con il recettore Ace, trovando che tutte sarebbero il frutto di adattamenti della struttura di spike al recettore Ace dei topi: in particolare, mentre tre di esse sono compatibili in maniera univoca con la proteina dei topi, una si sarebbe adattata sia al recettore umano che a quello murino. L’ipotesi avanzata dai ricercatori sarebbe, quindi, che una variante di Sars-cov-2 contenente la mutazione adattata agli umani e ai topi potrebbe essere stata trasmessa dagli umani o da un’altra specie animale ai topi. Successivamente, quando questa si è iniziata a diffondere nei roditori, si sono evolute le mutazioni specifiche del topo (come le tre analizzate dai ricercatori) che hanno contribuito all’emergere della variante omicron, che poi è tornata a infettare gli esseri umani, diffondendosi rapidamente e diventando ben presto la variante di Sars-cov-2 dominante.

Via: Wired.it

Credits immagine: Zdeněk Macháček on Unsplash