Salute

Scoperto un ormone che mette a freno il metabolismo

Gli animali, esseri umani compresi, sono macchine che assumono e consumano energia. E se molto sappiamo sui meccanismi che regolano le entrate e le uscite – ovvero quello che ingeriamo come cibo e che spendiamo per il metabolismo di base e le attività che svogliamo ogni giorno – non conosciamo ancora a fondo tutti gli ingranaggi di queste macchine. Per esempio, come si comporta il corpo quando sta consumando troppa energia? Cosa accade quando le spese cominciano a diventare troppo onerose? Una risposta arriva oggi da uno studio condotto da Jiandie D. Lin dell’University of Michigan Medical Center, che con il suo gruppo di ricerca ha scoperto un ormone coinvolto nel bilanciamento energetico del nostro corpo. La scoperta è raccontata sulle pagine di Nature Metabolism.

La molecola in questione, identificata nei topi, si chiama tsukushi (TSK) ed è un ormone endocrino di natura proteica, secreto dal fegato, correlato al sovrappeso (livelli elevati nel plasma sono stati osservati in caso di obesità) e che ha un ruolo nel mettere un freno, rallentandolo, al metabolismo. La sua espressione, raccontano gli scienziati, è elevata quando i topi consumano molta energia, come quando hanno bisogno di mantenersi caldi al freddo. Frenando l’eccessivo dispendio energetico, l’ormone aiuterebbe a conservare le energie vitali per l’organismo. Cosa accade se il freno viene rimosso? Secondo l’ipotesi dei ricercatori i topi avrebbero dovuto spendere più energia. E così è stato, ha spiegato Lin.

Se infatti ai topi veniva impedito di produrre l’ormone TSK, i ricercatori osservavano un aumento del metabolismo degli animali. In particolare, senza cibo (temporaneamente) i topi senza TSK dimagrivano di più rispetto agli animali controllo e avevano mediamente temperature corporee maggiori (come a dire: spendevano più energie). E ancora: i topi senza TSK – che si crede stimoli l’attività del grasso bruno – si ingrassavano meno quando sottoposti a regime dietetico ad alto contenuto di grassi, come se fossero in qualche modo protetti dall’obesità.

Proprio questo porta i ricercatori a credere che in futuro, approfondendo le conoscenze su questi meccanismi molecolari, potrebbero aprirsi nuove strade per lo sviluppo di interventi più mirati contro disordini metabolici e l’aumento di peso.

Riferimenti: Nature Metabiolism

Susanna Villa

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