In futuro potrebbe essere possibile diagnosticare il morbo di Parkinson prima che i sintomi motori si manifestino. Secondo i neurobiologi dell’Università “La Sapienza” di Roma, infatti, alcuni deficit cognitivi sarebbero riconoscibili in una fase precoce della malattia. La ricerca, condotta da Elvira De Leonibus del dipartimento di Genetica e biologia molecolare “C. Darwin”, in collaborazione con il Cnrs francese, è stato pubblicato su Psychopharmacology.
Provocando in alcune cavie le stesse lesioni presenti in malati di Parkinson, i ricercatori hanno potuto constatare la comparsa di deficit visuo-spaziali. Nell’esperimento, gli animali sono stati introdotti ripetutamente in un ambiente in cui erano stati disposti cinque oggetti. Negli individui sani, il tempo dedicato all’esplorazione diminuiva a ogni nuovo ingresso e, se un oggetto era stato spostato, le cavie si dirigevano selettivamente verso di esso. Gli animali “malati”, invece, non sembravano in grado di riconoscere il luogo, né di individuare lo spostamento, ricominciando ogni volta l’esplorazione.
“Un test simile si fa con gli esseri umani”, spiega Elvira De Leonibus, “e i parkinsoniani mostrano la stessa difficoltà a percepire il cambiamento di un ambiente rispetto a un campione controllo costituito, per esempio, da persone anziane sane”.
La malattia, caratterizzata dalla progressiva degenerazione dei neuroni che secernono dopamina, situati in una una zona della sottocorteccia cerebrale chiamata striato, causa movimenti incontrollati del corpo. A causa di fenomeni di adattamento cellulare, però, i disturbi motori compaiono quando ormai la degenerazione dei neuroni è molto avanzata. Secondo i ricercatori, test neuropsicologici di riconoscimento visuo-spaziale potrebbero aiutare nella diagnosi precoce della riduzione dei livelli di dopamina nello striato, e permetterebbe interventi terapeutici di prevenzione. (t. m.)
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