Parrocchetti, da dove arrivano e perché sono un problema

parrocchetti
(Foto: Siegfried Poepperl su Unsplash)

I parrocchetti sono uccelli colorati, chiassosi, molto sociali. Vedendoli svolazzare e vociare tra loro da un albero all’altro anche nei centri urbani più trafficati (da Madrid a Tokyo, passando per Roma), a molti mettono allegria ed è difficile non pensare quanto siano carini – “kawaii”, per usare un’espressione giapponese ormai di uso comune. Eppure, come ci ricorda anche l’ultimo film animato “Il ragazzo e l’airone” di Hayao Miyazaki, i parrocchetti hanno un lato oscuro: in Europa come in Giappone sono invasivi e possono causare problemi tanto alle specie autoctone quanto all’economia locale.

Identikit dei parrocchetti

Le specie più diffuse in Europa, quelle che ormai vi nidificano abitualmente e stabilmente, sono i parrocchetti dal collare e i parrocchetti monaci, ma ce ne sono anche altre. Nessuna, comunque, è delle nostre parti: gli animali sono stati importati a fini ornamentali e amatoriali e sono finiti nell’ambiente per fughe accidentali o perché liberati in modo sconsiderato dai proprietari, che li consideravano un problema.

parrocchetti dal collare (Psittacula krameri) sono originari dell’Africa tropicale a nord dell’equatore e dell’Asia meridionale. Sono lunghi tra i 37 e i 43 centimetri e si distinguono per il loro piumaggio verde, la coda lunga e appuntita dal colore bluastro superiormente e ocra inferiormente, il becco ricurvo rosso e le zampe grigio-verdi. I giovani hanno un piumaggio più giallastro, e solo i maschi adulti sviluppano poi una sorta di collare nero e rossatro e una sfumatura bluastra sul capo.

parrocchetti monaci (Myiopsitta monachus), invece, sono originari dell’America meridionale (Bolivia, Paraguay, Brasile e Argentina). Un po’ più piccoli (28-33 centimetri) dei parrocchetti dal collare, i parrocchetti monaci hanno la fronte, le guance e le parti inferiori grigie, mentre le parti superiori sono verdi e tendono al giallastro, soprattutto sul dorso e sulla coda. Le penne remiganti (quelle indispensabili al volo) sono blu scuro e le timoniere della coda sono verdi, con una sfumatura blu lungo il rachide (la struttura anatomica al centro della penna).

Specie invasive

Secondo il progetto ParrotNet, in Europa si contano più di 200 popolazioni differenti di parrocchetti, che crescono velocemente e sono in grado di raddoppiare di numero in pochi anni. Sono uccelli molto sociali e per questo possono formare grandi gruppi, aggregandosi anche tra specie diverse. Nel nostro continente tendono a colonizzare le città o le aree vicine a frutteti, campi coltivati, granai. Nidificano su alberi ad alto fusto, costruendo grossi nidi che possono arrivare a pesare oltre 100 chili.

problemi che possono causare all’economia e agli ecosistemi sono tanti.

I parrocchetti sono voraci: fanno razzie di orti, frutteti, campi coltivati, fino a danneggiare le attività agricole locali. Possono costituire anche un problema di salute: sono infatti serbatoio naturale del batterio Chlamydia psittaci, responsabile della psittacosi (una forma d polmonite) nell’essere umano. Sul fronte della sicurezza, soprattutto in aree urbane, bisogna tenere conto del fatto che i loro nidi, così grandi e pesanti, possono spezzare i rami degli alberi. Anche se i dati al momento disponibili per l’Italia non permettono di trarre conclusioni definitive, sembrano competere con successo con le specie autoctone per i luoghi di nidificazione e per le risorse alimentari, così come è successo in altre parti d’Europa (a Siviglia, per esempio, i parrocchetti dal collare stanno mettendo in pericolo una rara specie di pipistrello).

Cosa fare?

Nel caso dei parrocchetti l’idea di poter eliminare le popolazioni più numerose già installate sul territorio non è più un’opzione. Quello che si può fare è agire per contenere l’espansione dei gruppi, monitorarli anche con l’aiuto dei cittadini (esistono progetti di citizen science anche in Italia) e imparare a gestirli. Una possibilità è quella di usare espedienti per spaventarli e disturbare la nidificazione (spari a salve o trappole, per esempio). Si raccomanda, inoltre, ai Paesi di dare indicazione alla popolazione di non posizionare mangiatoie per uccelli (i parrocchetti sono confidenti con l’essere umano e non disdegnano nessuna fonte di cibo di facile accesso) e di prevedere regolamenti più stringenti sul possesso, trasporto e commercio di specie invasive.

Via: Wired.it

Credits immagine: Siegfried Poepperl su Unsplash

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