Paura ad alta quota

Per alcuni è un disturbo ricorrente. Ma molti ne hanno sofferto almeno una volta nella vita. Si tratta dell’attacco di panico, che nella forma sporadica colpisce ogni anno, più di tre italiani su dieci. Si manifesta all’improvviso, nelle situazioni più comuni: in fila al supermercato, in metropolitana o a scuola. Oppure in aereo. E sarebbe proprio il volo una sorta di “momento della verità” per studiare le cause di questo disturbo. Lo ha affermato Rosario Sorrentino, neurologo, membro dell’Accademia americana di neurologia, nel seminario “Panico e paura di volare. Domande e risposte”, tenuto presso la facoltà di Sociologia dell’Università “La Sapienza” di Roma. “Un’occasione per fare il punto della situazione su un disturbo che colpisce con attacchi ricorrenti il 5-7 per cento della popolazione italiana”, ha raccontato a Galileo Sorrentino, responsabile tra l’altro di due progetti rivolti alle compagnie aeree sulla paura di volare e per l’adozione del medico di bordo.

Quali sono i sintomi dell’attacco di panico?

“Nei soggetti più gravi l’attacco di panico si manifesta con la paura di morire, di impazzire, di perdere il controllo e con fenomeni come tachicardia, palpitazioni, senso di svenimento. Per chi ne soffre in modo sporadico il problema è diverso: queste, infatti, dopo il primo attacco possono avere la cosiddetta agorafobia. La paura, cioè, di trovarsi in luoghi percepiti come pericolosi, dove, se dovesse insorgere un malore, mancherebbe la possibilità di ricevere soccorso. E dove c’è il rischio di rimanere incastrati, come durante i viaggi in aereo appunto. Le persone che hanno paura di volare in realtà non temono l’aereo come mezzo di trasporto, ma temono che ad alta quota si possa configurare una situazione che non lasci via di scampo. Stesso discorso per la metropolitana, l’automobile, l’ascensore e così via”.

Ci parla dei progetti rivolti alle compagnie aeree a cui ha lavorato?

“Quando si parla di sicurezza di volo bisogna considerare anche il fattore sicurezza e salute dei passeggeri nelle condizioni normali di volo. Ogni anno, infatti, sugli aerei muoiono circa 1000 persone per disturbi che vanno dall’infarto del miocardio, alle crisi diabetiche, alla sindrome della classe economica, alle crisi ipertensive. Queste cifre sono molto vicine a quelle che riguardano il numero di persone che muoiono per gli incidenti aerei veri e propri. Per questo ho lavorato a un progetto proprio sull’attivazione di un servizio medico permanente, almeno sui voli intercontinentali, con la stessa filosofia di quello delle navi da crociera. Durante i viaggi particolarmente lunghi, infatti, sull’aereo si crea una sorta di comunità casuale, dove il valore salute acquista un significato psicologico condiviso da tutti i passeggeri e che connota positivamente o negativamente la crociera”.

Lei ha formulato anche un’ipotesi curiosa sul possibile rapporto tra anidride carbonica e crisi di panico. Di cosa si tratta?

“Questa è una teoria innovativa e ancora sostanzialmente da verificare: un’ipotesi verosimile. Come registrato dall’ultima conferenza dell’Aja, sul pianeta si è verificato un sensibile aumento dei gas inquinanti e quindi anche delle malattie “da inalazione”, cioè le allergie e altre patologie dell’apparato respiratorio. Questo fenomeno è evidente soprattutto nelle grandi città con un intenso traffico urbano. Io ritengo che, se è vero che siamo ciò che mangiamo, si può altrettanto sostenere che siamo anche ciò che respiriamo. In altri termini la qualità dell’aria che inspiriamo e l’ambiente in cui espiriamo potrebbe produrre particolari effetti sul nostro comportamento. L’anidride carbonica è il gas che è maggiormente aumentato nella nostra atmosfera. Piccole variazioni di questo gas nell’aria che respiriamo possono produrre effetti psichici che variano da una semplice agitazione fino a vere e proprie crisi di panico. Infatti, è noto che per indurre in soggetti volontari delle crisi di panico è sufficiente far respirare l’anidride carbonica in concentrazioni prestabilite. La spiegazione starebbe nel fatto che questo gas può “irritare” i centri cerebrali responsabili dell’attacco di panico, come il locus coeruleus. Negli ultimi anni i disturbi d’ansia sono inspiegabilmente in sensibile aumento. Sicché una concausa importante insieme a quelle biologiche o psicologiche, potrebbe essere l’esposizione ripetuta e protratta di soggetti predisposti a tassi crescenti di anidride carbonica. Anche il panico, o un sottogruppo di questo disturbo, potrebbe essere annoverato tra le malattie da inalazione che risentono dell’inquinamento ambientale”.

Questo spiegherebbe anche gli attacchi di panico sugli aerei?

“Potrebbe spiegarli, perché sugli aerei c’è circa il 25 per cento in meno di ossigeno, a causa della pressurizzazione, della quota e dei sistemi di riciclo dell’aria. Inoltre circa la metà dell’aria è pura, il restante è aria riciclata. Ci sarebbe una sorta di “momento della verità” dove coesistono le cause psicologiche, le cause biologiche (cioè la predisposizione individuale) e le cause ambientali. Questi tre elementi possono rappresentare una specie di grilletto che scatena una predisposizione dell’individuo. L’aria che si respira ad alta quota può avere effetti in soggetti predisposti sulla ventilazione e sulla respirazione. Quindi sia l’iposia, cioè la riduzione di ossigeno, sia l’ipercapnia, cioè l’aumento di anidride carbonica, potrebbero far aumentare la ventilazione respiratoria e scatenare delle crisi di panico”.

C’è una terapia contro gli attacchi di panico?

“Le terapie da adottare per gli attacchi di panico sull’aereo sono di due tipi: una preventiva e l’altra curativa. La terapia preventiva va iniziata qualche settimana prima della data presumibile del viaggio. La terapia curativa invece si deve adottare quando si verifica un attacco acuto durante il volo e serve a bloccare la crisi e a permettere un viaggio tranquillo a chi ne è colpito. E’ una terapia farmacologia, che è necessaria per i casi di attacchi acuti. Ma, ci sono anche terapie psicologiche, come quella cognitivo comportamentale e l’ipnosi. Entrambe danno buoni risultati, sempre in associazione alla terapia farmacologica, perché ci troviamo a fronteggiare una crisi del comportamento mediata da neurotrasmettitori”.

In che percentuale si verificano le crisi sugli aerei ?

“Questo è un dato che non abbiamo a disposizione, perché le compagnie aeree tendono ad attivare un sistema di comunicazione parziale e a far coincidere la paura di volare soltanto con la paura dell’aereo come mezzo di trasporto, per evitare di connotare negativamente una situazione piacevole come il volo. Ma per i cosiddetti irriducibili, o passeggeri forzati, la paura di volare è irrazionale. Per cui non prendono l’aereo, o se lo prendono si imbottiscono di cocktail pericolosi a base di superalcolici e tranquillanti. Credo che modificare il livello di comunicazione e prevedere la figura del medico di bordo servirebbe a dare a questa categoria di passeggeri un maggiore senso di sicurezza”.

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