Pavlopetri, più grande e antica

Quindici edifici, cinque strade, due cimiteri, trentasette tombe. Tutto perfettamente conservato sotto le acque del Mediterraneo nella propaggine più meridionale del Peloponneso. E’ Pavlopetri la città sommersa da 3.000 anni fotografata per la prima volta nel 1968 da studiosi dell’Istituto di Oceanografia dell’Università di Cambridge e poi mai più esplorata. Fino alla scorsa estate quando alcuni archeologi, inglesi anche loro ma dell’Università di Nottingham, si sono tuffati al largo delle coste della Laconia e hanno catturato immagini di quel che sembrerebbe essere stato il primo porto del Mediterraneo (vedi il video della spedizione).

Un paio di mesi per analizzare i dati raccolti ed ecco le prime rivelazioni di quello che hanno visto. Due le principali novità rispetto alle conclusioni a cui erano giunti i loro colleghi quarant’anni fa: Pavlopetri è più grande e soprattutto molto più antica di quanto ipotizzato.

Nel ‘68 gli archeologi avevano datato la città al periodo Miceneo, 1600-1000 a.C. Secondo gli archeologi di Nottingham, invece, la fondazione del complesso urbano risalirebbe al tardo Neolitico (2800-1100 a.C.). Lo proverebbe il ritrovamento di alcune ceramiche risalenti a 5.000 anni fa.

Le nuove ricerche hanno fatto scoprire anche molti nuovi edifici (150 metri quadrati di costruzioni) tra cui quello che potrebbe essere il primo esempio di cripta con pilastri scoperto nella Grecia continentale. C’è anche un megaron (ampia stanza rettangolare tipica dei palazzi micenei), due imponenti tombe di pietra e un una giara funeraria (pithos) dell’età del Bronzo nel reportage fotografico degli archeologi inglesi.

Ma siamo solo all’inizio. Il “Pavlopetri Underwater Archeology Project”, condotto in collaborazione con le autorità greche, prevede ancora quattro stagioni di ricerche sul campo e i risultati completi saranno pubblicati nel 2014. Allora sapremo qualcosa di più su questa affascinante città che giace indisturbata da circa tremila anni sul fondale del Mediterraneo e che continua ad alimentare le speranze e le fantasie di chi è ancora alla ricerca di Atlantide.

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