Perché dovremmo investire nella ricerca sul grafene

“Il grafene rappresenta uno dei più importanti avanzamenti scientifici degli ultimi tempi.” A dirlo è Nancy Rothwell, la presidente e vice-rettore dell’Università di Manchester. Ma in Gran Bretagna non è l’unica a pensarlo, almeno a giudicare dal finanziamento di 50 milioni di sterline che il governo ha stanziato per la creazione un polo di ricerca, chiamato Graphene Global Research and Technology Hub. Lo scopo della sovvenzione è anche quello di supportare la commercializzazione del grafene.

Il materiale è il più resistente, sottile e il miglior conduttore conosciuto dalla scienza, e i suoi usi sono molteplici (vedi Galileo: Il super iPod a base di grafene), tanto che per la sua scoperta è stato assegnato il premio Nobel per la Fisica dell’anno scorso, proprio a due docenti dell’Università di Manchester: Andre Geim e Kostya Novoselov.

E sempre dallo stesso ateneo proviene l’ultimo studio sul grafene: in un articolo appena pubblicato su Nature Physics, alcuni ricercatori hanno dimostrato come creare una struttura formata da due strati di questo prodotto rivestiti di un altro materiale bidimensionale (il nitruro di boro). Questa permetterebbe di isolare il grafene da eventuali influenze ambientali negative e dunque di avere un controllo ancora migliore sulle sue proprietà.

“Questo materiale è come una sorta di piattaforma di partenza su cui sviluppare molteplici usi”, spiega Marco Affronte, docente dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Il ricercatore si trova in questi giorni a Mulhouse, in Alsazia, per il primo di una serie di workshop sul materiale, il cui scopo è proprio quello di fare il punto sulla ricerca e capire per cosa potrà essere usato a breve termine. “È destinato a sostituire il silicio, e le sue applicazioni spaziano dall’optoelettronica alla biomedicina. Con ogni probabilità, entro cinque o dieci anni sarà alla base di ogni dispositivo elettronico.”

Il grafene è infatti non tossico e biocompatibile, e per questo può avere importanti applicazioni in campo clinico, ad esempio per sensori portatili: già oggi in questo settore esistono dei prototipi, e lo sviluppo di applicazioni specifiche avverrà a breve termine. Ma non solo. Samsung e Nokia stanno già lavorando per sfruttare le proprietà del materiale (che è sottile e leggero, ma soprattutto molto flessibile) nella progettazione di display o celle solari che possano essere “avvolte” intorno a delle colonne, o di schermi da arrotolare e riporre in piccoli spazi.

Ecco allora spiegato il perché del finanziamento del governo britannico, volto ad avvicinare la ricerca sul materiale ai suoi sviluppi applicativi. Un’idea intelligente anche secondo gli stessi premi Nobel. “Se indirizzati bene, i 50 milioni di sterline potrebbero produrre un buon tornaconto e far diventare la Gran Bretagna un polo attrattivo per i migliori ricercatori in questo campo” ha infatti commentato Novoselov.

Il Regno Unito è il primo Stato europeo ad aver stanziato fondi per questo tipo di ricerca, ma segue numerose altre nazioni asiatiche, come Corea e Giappone. E secondo Affronte, è probabile che presto anche la Francia si decida a investire nel settore. Dall’Italia, invece, nessun segnale. Eppure nel nostro paese la ricerca sul grafene è all’avanguardia. “Le applicazioni sono innumerevoli, e nell’incontro francese stiamo cercando di migliorare la sinergia tra i vari gruppi di ricerca sparsi in Europa”, continua il ricercatore. “Quella che a me pare più interessante è l’applicazione nelle memorie hardware ad alta densità: in questo campo abbiamo fatto già grandi passi in avanti, ma un investimento darebbe certamente grande impulso alla ricerca”.

riferimento: doi:10.1038/nphys2114

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