Piccioni dall’orientamento di ferro

Con un senso dell’orientamento da far invidia a un sofisticato navigatore satellitare, un piccione difficilmente sbaglia strada ed è in grado di ritornare esattamente al posto di partenza ripercorrendo a ritroso il percorso compiuto. Tutto ciò grazie al suo becco. È lì infatti che i ricercatori dell’Università di Francoforte hanno individuato la bussola utilizzata dai pennuti globe-trotter nei loro spostamenti. Lo studio, pubblicato sulla rivista Naturwissenschaften, ha dimostrato la presenza all’interno del becco dei columbidi di tracce di ferro. Con ciò verrebbe spiegata l’influenza, già nota da tempo agli esperti di ornitologia, del campo magnetico terrestre sul volo degli uccelli.

Gli esami istologici e fisico chimici hanno riscontrato particelle di due minerali con proprietà magnetiche, maghemite e magnetite, nei dendriti sensoriali della pelle che lambisce la parte superiore del becco. I dendriti risultano organizzati in una complessa struttura tridimensionale in grado di analizzare separatamente le tre componenti spaziali dei vettori del campo magnetico. Nel becco dei piccioni si nasconde quindi un vero e proprio magnetometro a tre assi.

Questa complessa e microscopica strumentazione di bordo permette di interagire con il magnetismo terrestre indipendentemente dal moto e dalla posizione assunta in volo permettendo di individuare sempre la corretta posizione geografica di destinazione. Secondo i ricercatori tedeschi i piccioni non sarebbero gli unici ad esserne dotati: è probabile infatti che un simile display si possa rinvenire nel becco di altri volatili e anche in qualche parte del corpo di altri animali il cui comportamento risulta influenzato dal campo magnetico terrestre.

Il microscopico dispositivo di ferro in dotazione ai piccioni ha già suscitato l’interesse dei nanotecnologi che ne stanno studiando le eventuali applicazioni in campo medico e informatico: è già al vaglio l’ipotesi di farne  un veicolo per il trasporto dei farmaci (drug targeting), oppure uno strumento per l’archiviazione dei dati. Ma le particelle custodite nel becco dei piccioni non sono facilmente replicabili in laboratorio. “Ci sono voluti milioni di anni per avere negli uccelli questi materiali e non sarà semplice individuare altrettanto efficaci tecniche di produzione”, dice Gerta Fleissner che ha guidato il gruppo di Francoforte. (g.d.o.)

 

 

 

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