La formula “se fai il bravo, ti compro un gioco” potrebbe essere non solo inutile, ma controproducente. In una revisione dei recenti studi sui processi di “decision making” e condizionamenti sociali, Samuel Bowles, economista del Santa Fe Institute (Usa) e dell’Università di Siena, sostiene che gli incentivi ad agire per il bene della società possono rivelarsi persino dannosi, perché sminuiscono il valore morale dei gesti, ovvero ciò che porta le persone a compiere azioni unicamente per il bene comune.
Al contrario di quanto sostengono molte teorie di economia e alcuni modelli di comportamento sociale, le persone agiscono molto spesso senza essere mosse da un ritorno personale. Un dato di fatto che, secondo l’autore, le politiche basate sugli incentivi dovrebbero tener ben presente: secondo le evidenze riportate su Science, infatti, la filantropia sembra giocare un ruolo molto più grande di quanto previsto dai modelli economici.
Nella maggior parte dei 41 esperimenti che Bowles riporta, gli incentivi si rivelano dannosi. Eccone un esempio: sei centri di assistenza per i bambini hanno imposto un’ammenda a tutti i genitori che arrivavano in ritardo a riprendere i propri figli. Come risultato il tempo di ritardo medio è raddoppiato ed è rimasto tale anche quando la multa è stata eliminata. I genitori, infatti, non consideravano più il ritardo come una scortesia verso gli insegnanti, ma come un comportamento ammesso previo pagamento. Improvvisamente, cioè, si poteva fare ritardo senza sentirsi in colpa. A una conclusione simile porta uno studio sul comportamento femminile, secondo cui le donne donano sangue meno di frequente se vengono pagate rispetto a quando lo fanno come atto volontario e caritatevole. (e.r.)