Il placebo funziona anche quando sai che non funziona

Placebo
(Credits: Pixabay)
Placebo
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Prendere una pillola ci può far stare meglio in molte circostanze, anche quando… è vuota. Non si tratta di un inganno ma del “potere psicologico” del placebo, un effetto i cui benefici vengono sfruttati da centinaia di anni e la cui efficacia è dimostrata da numerose ricerche. Ma quanto è potente questa capacità di migliorare i sintomi di un paziente con una pillola, o più genericamente con una sostanza, anche se priva di principi farmacologicamente attivi? Se lo è chiesto un gruppo di ricercatori con a capo Ted Kaptchuk, professore associato di medicina all’Università di Harvard, che ha dimostrato come l’effetto placebo sia efficace anche quando si è consapevoli di prendere delle fake pills, ossia dei farmaci privi di una reale efficacia terapeutica.

Lo studio, pubblicato su Pain, è stato condotto su 97 pazienti con dolore cronico della zona lombare della schiena (chronic lower back pain, cLBP), un disturbo talmente diffuso che è la principale causa di disabilità motoria al mondo. Dopo esser stati informati sul funzionamento dell’effetto placebo, i pazienti sono stati divisi in due gruppi: uno che avrebbe continuato a prendere il suo solito trattamento per il mal di schiena (treatment-as-usual, Tau group) e l’altro che in aggiunta avrebbe preso anche del placebo (open-label placebo, Olp group). Ai partecipanti di entrambi i gruppi era inoltre richiesto di non cambiare in alcun modo il loro stile di vita, perché anche una minima variazione del dosaggio dei farmaci, o l’inizio di una nuova attività fisica, potevano influire sull’esito della ricerca.

Alla fine dell’esperimento durato tre settimane, i pazienti del gruppo Olp, che rispetto all’altro gruppo prendevano anche del placebo contenente cellulosa microcristallina per due volte al giorno, nel 30% dei casi hanno dichiarato di aver sentito diminuire il dolore da mal di schiena. Nel gruppo Tau invece, che non aveva preso il placebo, solo tra il 9 e il 16% dei partecipanti affermava di provare meno dolore. Non solo. Il gruppo “placebo”, nel 29% dei casi, aveva anche visto migliorare la propria disabilità motoria causata dal dolore cronico.

“Questi sono i benefici di partecipare a una terapia, qualunque essa sia: interagire con i medici, le infermiere, prendere delle pillole, sono tutti simboli e rituali integrati in un percorso di assistenza sanitaria a cui il nostro organismo risponde quasi sempre in maniera positiva”, racconta Kaptchuk. “La nostra ricerca dimostra che l’effetto placebo può essere suscitato anche senza inganno. Prendere delle pillole come parte di una relazione medico-paziente – anche se sappiamo si tratti di placebo – è un rituale che agisce sui sintomi e molto probabilmente attiva delle regioni cerebrali che sono in grado di alleviare il dolore stesso”.

Kaptchuk ipotizza che anche altri disturbi come spossatezza, depressione e alcuni problemi digestivi o urinari possano essere trattati con un placebo di cui conosciamo la reale efficacia. “Certo non si può curare un tumore o disoccludere un’arteria con un placebo, ma di certo fa sentire meglio la gente” spiega il ricercatore di Harvard. Il primo autore dello studio, Claudia Carvalho, dell’Istituto Superiore di Psicologia Applicata (Ispa) di Lisbona, però precisa: “Prendere del placebo per alleviare i sintomi senza una relazione di tipo empatico con il proprio curante probabilmente non funzionerebbe”.

2 Commenti

  1. Alla base del meccanismo dell’effetto placebo c’è l’auto ipnosi che funziona anche come anestetico in occasione di ferite o operazioni chirurgiche.
    Parlo per esperienza diretta sperimentata più volte tra lo stupore e perfino il disagio dei chirurghi o dentisti.

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