Ambiente

L’isola di plastica del Pacifico è piena di vita

Eppure c’è vita, nella gigantesca isola di plastica nel Pacifico, l’ormai nota Great Pacific garbage patch, grande quasi quanto un continente. Un gruppo di ricerca del centro statunitense Smithsonian Environmental Research Center, nel Maryland, ha documentato la presenza di comunità animali e vegetali che hanno colonizzato in maniera capillare questa immensa distesa di plastica, la cui estensione potrebbe sfiorare quella del Canada. Gli autori dell’articolo, pubblicato su Nature Communications, hanno mostrato con dati, immagini e simulazioni, l’ampia migrazione delle specie dalle coste in mare aperto.

Tutto nasce dallo tsunami giapponese del 2011

Non conosciamo con precisione le dimensioni della Great Pacific garbage patch, ma le che stime indicano l’intera area coperta dalla plastica potrebbe misurare dai 700mila fino ai 10 milioni di chilometri quadrati, approssimativamente quanto il Canada. 

L’interesse verso lo studio della coabitazione fra rifiuti e animali è nato subito dopo lo tsunami del Giappone dell’11 marzo 2011, dopo l’incidente nella centrale nucleare di Fukushima. In seguito all’evento, tonnellate di detriti prodotti dal disastro vennero rilasciati in mare. Quasi 300 specie si spostarono in mare aperto traghettate da questi materiali e costruirono qui la loro nuova abitazione.

Analizzare l’isola di plastica

Sulla base di questi risultati, oggi il gruppo, guidato dalla ricercatrice Linsey Haram, insieme agli oceanografi della noprofit Ocean Voyages Institute e dell’università delle Hawaii a Mänoa, ha identificato i punti in cui studiare l’interazione dell’ecosistema con la plastica. Gli scienziati hanno prelevato e raccoltopiù di 100 tonnellate di rifiuti nel vortice subtropicale del Nord Pacifico, una corrente oceanica circolare localizzata fra l’Equatore e la parte settentrionale del Pacifico.

 In quest’area la corrente causa particolari movimenti dei materiali plastici che tendono ad accumularsi in blocchi. Gli autori hanno esaminato i pezzi di diametro superiore ai 5 centimetri, dunque non le microplastiche, anche queste molto diffuse negli oceani.

Comunità neopelagiche sull’isola di plastica

La novità è l’ampia frequenza di specie che generalmente abitano le zone costiere: il 90% dei campioni analizzati sono stati colonizzati da animali e vegetali. Si va da anemoni a microrganismi marini, da granchi a molluschi accolti dal nuovo habitat oceanico. Gli scienziati hanno denominato queste comunità come “neopelagiche”, dove neo sta per nuove e pelagiche – dal greco pèlagos, ossia “mare aperto” – si riferisce al fatto che abitano l’oceano e non la costa. La scoperta è importante, secondo gli autori, perché ridefinisce la nostra comprensione dei confini biogeografici e di quando e come un’area prima inabitata è ora un nuovo habitat a causa dei rifiuti.Un mare di domande

Ora gli scienziati hanno “un mare di domande”, come spiegano nel testo. Ad esempio come interagiranno queste specie con quelle native? E in che modo quelle che già vivevano negli oceani sono influenzate dalla plastica? Inoltre, gli autori sono preoccupati che l’isola di plastica possa diventare un veicolo di specie invasive, dannose per altri ecosistemi. Bisogna prestare attenzione, perché il problema per ora non calerà: oggi, secondo le stime del Wwf, ogni anno complessivamente 100 milioni di tonnellate di plastica vengono disperse nell’ambiente ed entro il 2050 i rifiuti totali (non annuali) ammonteranno a circa 25 miliardi di tonnellate.

Via: Wired.it

Credits immagine: Naja Bertolt Jensen on Unsplash

Viola Rita

Giornalista scientifica. Dopo la maturità classica e la laurea in Fisica, dal 2012 si occupa con grande interesse e a tempo pieno di divulgazione e comunicazione scientifica. A Galileo dal 2017, collabora con La Repubblica.it e Mente&Cervello. Nel 2012 ha vinto il premio giornalistico “Riccardo Tomassetti”.

Articoli recenti

Il talco può aumentare il rischio di tumore?

Il colosso farmaceutico Johnson & Johnson pagherà 6,5 miliardi di dollari per chiudere le cause…

14 ore fa

Mesotelioma, 9 casi su 10 sono dovuti all’amianto

Si tratta di una patologia rara e difficile da trattare. Colpisce prevalentemente gli uomini e…

4 giorni fa

Uno dei più misteriosi manoscritti medioevali potrebbe essere stato finalmente decifrato

Secondo gli autori di un recente studio potrebbe contenere informazioni sul sesso e sul concepimento,…

7 giorni fa

Ripresa la comunicazione con la sonda Voyager 1

Dopo il segnale incomprensibile, gli scienziati hanno riparato il danno a uno dei computer di…

1 settimana fa

Atrofia muscolare spinale, ampliati i criteri di rimborsabilità della terapia genica

L’Aifa ha approvato l’estensione della rimborsabilità del trattamento, che era già stato approvato per l'atrofia…

1 settimana fa

Così i tardigradi combattono gli effetti delle radiazioni

Resistono alle radiazioni potenziando la loro capacità di riparare i danni al dna. Piccolo aggiornamento…

2 settimane fa

Questo sito o gli strumenti di terze parti in esso integrati trattano dati personali (es. dati di navigazione o indirizzi IP) e fanno uso di cookie o altri identificatori necessari per il funzionamento e per il raggiungimento delle finalità descritte nella cookie policy.

Leggi di più