Pochi sportivi, molti amatori

Più uomini che donne. 32 atleti dopati, più o meno il 2,1 per cento dei 1.560 casi analizzati. Positività in larga parte legate all’uso di derivati della cannabis. Ecco in estrema sintesi i risultati del 2005 dell’attività di monitoraggio della Commissione Nazionale di Vigilanza e Controllo sul Doping (Cvd), svolta su 39 federazioni per un totale di 372 eventi sportivi. I controlli sono stati effettuati sia in gara che “fuori gara”: 349 nel primo caso e 23 nel secondo e il calcio è stata la federazione in cui è stato effettuato il maggior numero di controlli (66).Tra le sostanze maggiormente utilizzate, al primo posto vi sono i cannabinoidi (44,7 per cento), seguiti dai diuretici e dagli agenti mascheranti (15,8 per cento), dagli stimolanti (15,8 per cento), dagli anabolizzanti e dai corticosteroidi (7,9 per cento), da ormoni e sostanze attive sul sistema ormonale (5,3 per cento) e dall’atenolo (2,6 per cento). “Guardando più approfonditamente i dati”, dice Roberta Pacifici, membro della Cvd e ricercatrice dell’Osservatorio Fumo, Alcol e Droga dell’Istituto Superiore di Sanità, “si può osservare che oltre il 40 per cento delle federazioni ha registrato almeno un caso di positività. Questo significa che il fenomeno del doping è piuttosto trasversale”.

Il dato del 2,1 per cento di positività, anche se basso, non deve però spingere all’ottimismo. Da una parte potrebbe aumentare, raggiungendo il 3,9 per cento, in quanto sono stati identificati altri 29 casi che hanno fatto registrare valori superiori a 4 del rapporto testosterone/epitestosterone. Poiché l’Agenzia Mondiale Antidoping (Wada) ha abbassato, proprio nel 2005, i livelli di tale rapporto da 6 a 4, è evidente che questi altri 29 casi necessitano di ulteriori accertamenti. La percentuale, poi potrebbe salire ancora di più se si tenesse conto anche di quegli sportivi amatoriali, non iscritti ad alcuna federazione ufficiale, che fanno uso di sostanze dopanti (soprattutto nelle palestre): i dati dei sequestri da parte delle forze di polizia sono in aumento, soprattutto dei prodotti acquistabili su Internet.

A parte la cannabis, le altre sostanze rilevate dalla Cvd (a cui la recente Finanziaria ha tolto circa il 18 per cento dei fondi) sono state usate con un approccio scientifico. Spiega Pacifici: “Non è infatti un caso che i betabloccanti (che possono aiutare a ridurre il tremore degli arti) siano stati registrati in sport come il tiro con l’arco. Oppure è il caso degli anabolizzanti trovati in pesisti o culturisti. Comunque anche la cannabis e i suoi derivati, che probabilmente sono stati usati per scopi ricreazionali, possono avere una funzione di doping. Essendo ansiolitici possono essere usati in discipline sportive come quelle estreme per vincere la paura”.

La prossima sfida dell’antidoping non sarà solo quella di individuare sostanze immesse nell’organismo. Le sostanze dopanti, infatti, cominciano a essere superate e rimpiazzate dal cosiddetto doping genetico, ovvero l’alterazione del Dna umano per migliorare le prestazioni sportive. “Al momento non ci sono strumenti per contrastare il doping genetico”, conclude Pacifici, “ma la Cvd sta svolgendo attività di ricerca per trovarli al più presto”. Durante lo scorso anno la commissione ha investito circa due milioni di euro in ricerca e un milione e mezzo in 33 campagne di formazione informazione

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