Polmoni da laboratorio

I risultati di due studi pubblicati su Science migliorano la comprensione dei meccanismi che regolano lo scambio di gas nei polmoni, e si avvicinano al sogno di “costruire” in laboratorio un polmone artificiale davvero efficiente. 

Nel primo lavoro, il gruppo di ricerca coordinato da Dan Huh dell’Università di Harvard (Usa) ha sviluppato un apparecchio piccolo quanto una gomma da cancellare che simula l’attività dei polmoni. L’obiettivo, spiegano i ricercatori, è analizzare i processi infiammatori e testare l’efficacia di nuovi farmaci avvalendosi di uno strumento di studio alternativo ai modelli animali. Il dispositivo consiste in una membrana porosa rivestita da tessuto di origine umana, un insieme di cellule polmonari, matrice extracellulare e vasi sanguigni. Creando il vuoto attorno all’apparecchio, è stato simulato il movimento ritmico della respirazione. Per provare la funzionalità del dispositivo, i ricercatori hanno fatto sì che “respirasse” dei batteri E. coli e nano-particelle di sostanze tossiche presenti sia in prodotti commerciali sia in campioni di aria e acqua inquinate. Hanno così scoperto che l’apparecchio si comportava come un vero polmone, innescando all’occorrenza una risposta immunitaria o infiammatoria. Il primo risultato dello studio, spiegano i ricercatori, è stato scoprire che il movimento meccanico della respirazione aumenta l’assorbimento delle particelle da parte delle cellule polmonari.

Nel secondo studio, Laura Niklason della Yale University (Usa) e la sua equipe di ricerca hanno praticamente ricostruito un polmone partendo dallo scheletro acellulare. Dopo aver asportato i polmoni dal corpo di topi, i ricercatori ne hanno rimosso tutte le cellule per preservare la matrice extracellulare, che assicura elasticità e altre proprietà meccaniche. Hanno quindi cercato di “ripopolare” la matrice avviando una coltivazione di nuove cellule sulla sua superficie. Dopo solo pochi giorni, queste hanno cominciato a proliferare ricostruendo la tipica architettura polmonare. Una volta trapiantati nei topi, i polmoni hanno funzionato per ben due ore, rifornendo di ossigeno i globuli rossi dell’animale ed eliminando anidride carbonica. L’eccezionale risultato potrebbe rappresentare una nuova speranza per chi attende un trapianto, operazione complessa che può causare infezioni e rigetti, e che solo nel 10-20 per cento dei casi assicura una sopravvivenza a 10 anni. Ma, concludono i ricercatori, per poter utilizzare questa tecnica sull’essere umano servono ancora molti anni di studi. Una delle difficoltà principali è ottenere cellule staminali adulte in grado di ripopolare la matrice extracellulare. (m.s.)

Riferimenti: Science DOI: 10.1126/science.1188302

DOI: 10.1126/science.1189345 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here