Progresso a costi ragionevoli

“La laparoscopia, una volta utilizzata solo per poche patologie, con l’aiuto interessato dei migliori chirurghi, ha trovato, negli ultimi anni, un sempre più ampio campo di applicazione. Dietro questa espansione c´è il business delle multinazionali”. Giuseppe Amato, docente alla Scuola di specializzazione in Chirurgia generale dell’Università di Palermo, denuncia un uso spregiudicato della laparoscopia e il mancato decollo di una tecnica – la chirurgia minima – molto meno costosa e, quindi, utilizzabile facilmente, non sono nei paesi industrializzati, ma anche e soprattutto in quelli in via di sviluppo. “Le multinazionali sono state così brave”, va avanti Amato, “da convincere molti colleghi che non esiste altra via. Ritengo, invece, il contrario: esiste la possibilità di avere progresso scientifico a costi ragionevoli”. Ne abbiamo parlato con lui. Professor Amato, quali sono le finalità della sua tecnica chirurgica?”Limitare al massimo il trauma operatorio, i rischi intra- e postoperatori, le complicanze e la degenza, utilizzando degli accorgimenti innovativi, come la riduzione della lunghezza della ferita, l’utilizzo di una particolare manualità atraumatica, come per esempio la digitoclasia (uso delle dita per sezionare i tessuti), l’uso di tecniche senza punti di sutura cutanei per la chiusura della ferita (sutura intradermica totale a nodi autoserranti), riabilitazione postoperatoria precoce, e così via. La differenza rispetto alla laparoscopia è nel suo essere ‘open’ , cioè si pratica aprendo l’addome, ma con incisioni molto limitate. Ci può fare un esempio?”Prendiamo il caso della colecistectomia, uno degli interventi maggiormente eseguiti con la laparoscopia attraverso tre incisioni addominali di 1 centimetro e una di 2 centimetri. Con la minichirurgia lo stesso intervento si esegue con una sola incisione di 3 – 4 centimetri. Solo che la colecistectomia laparoscopica costa circa 1200-1500 euro di materiale chirurgico, mentre per la colecistecomia se ne spendono solo 25 (il costo di quattro fili di sutura)”.Quali sono i vantaggi per i pazienti che si sottopongono a interventi di chirurgia minima, e inoltre quali sono i campi di applicazione?”I risultati ottenuti con la chirurgia minima sono sovrapponibili per la durata della degenza post-operaoria (1-2 giorni) e il recupero sociale del paziente. La durata dell’intervento e le complicanze sono di gran lunga inferiori con la minichirurgia ma, mentre i pazienti a rischio o con complicanze in atto non possono essere operati con la laparoscopia per controindicazioni relative o assolute, al contrario, la minichirurgia risolve in modo semplice anche i casi a rischio specie in pazienti anziani considerati spesso inoperabili e con tempi di intervento veramente limitati (nel caso della colecistectomia 30-45 minuti). In sostanza la minichirurgia è una metodologia, o meglio una filosofia applicata alla branca chirurgica, ormai consolidata da migliaia di interventi nelle più svariate patologie”. In che modo le multinazionali, alla luce della sua esperienza personale, condizionano il progresso delle tecnologie a basso costo?”Ormai poche multinazionali controllano in modo pressoché egemonico il mercato degli accessori e strumentari per la pratica medico-chirurgica. Queste società, con un accurato e ben finalizzato programma di acquisizioni e fusioni societarie, controllano in pratica anche il mercato delle idee. Sarebbe a dire che, se un medico inventa una nuova metodica e gli strumenti per eseguirla, non ha scelta, deve per forza rivolgersi a queste società che valuteranno l´idea esclusivamente in termini di ritorno economico. Infatti, se pur essendo la tecnica valida, questa non produce un ritorno economico di adeguate dimensioni (almeno migliaia di volte l’investimento iniziale per i primi 5 anni), allora non se ne fa niente”.Ritiene che la sua tecnica possa trovare applicazione nei paesi in via di sviluppo?”Certamente. Oggi i paesi emergenti, quelli in via di sviluppo, e quelli del terzo mondo, sarebbe a dire i 4/5 e più della popolazione mondiale, sono totalmente tagliati fuori da ogni tipo di progresso tecnico e scientifico in campo chirurgico. Può un’ospedale dell’India permettersi di spendere per una colecistectomia il salario annuo di due impiegati? Ma anche paesi più sviluppati economicamente, come la Tunisia, l’Argentina, il Perù, la Romania, o altri paesi dell’Est europeo, possono spendere tanto per offrire una tecnica miniinvasiva così ad alto costo ai loro malati?”.

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