Progresso a macchia di leopardo

In Africa qualcosa si muove. L’economia del continente è cresciuta a un ritmo superiore al 5 per cento nel 2004, il tasso più elevato degli ultimi otto anni. Una performance che potrebbe ripetersi anche nel 2005 e nel 2006. A renderla possibile vari fattori: l’innalzamento dei prezzi delle materie prime, la maggiore stabilità politica di alcuni paesi, le condizioni climatiche favorevoli all’agricoltura e l’aumento degli aiuti pubblici allo sviluppo. Le buone notizie giungono dal rapporto “African Economic Outlook 2004-2005”, 540 pagine che fotografano la realtà di 29 paesi, coprendo l’85 per cento della popolazione africana. Pubblicato per il quarto anno consecutivo dal Development Center dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) e dalla Banca africana per lo sviluppo, il volume è stato presentato lunedì 27 giugno scorso a Roma durante la conferenza “L’Africa: prospettive economiche e strategie di sostegno allo sviluppo”. I progressi rilevati, tuttavia, sono a macchia di leopardo e rendono il continente ancora troppo vulnerabile. Mentre alcuni paesi fanno ancora i conti con seri problemi che ne bloccano lo sviluppo, come la catastrofe umanitaria nel Sudan occidentale, la difficile situazione politica in Zimbabwe e i conflitti in Costa d’Avorio e nella Repubblica Democratica del Congo, ce ne sono altri dove la crescita economica ha avuto dei picchi. Il prodotto interno lordo (Pil) del Mozambico cresce dell’8 per cento all’anno dal 1996 e il tasso di povertà è sceso dal 69 al 54 per cento, mentre quello dell’Angola nel 2004 è cresciuto addirittura dell’11 per cento, grazie al boom dei prezzi del greggio che hanno attratto investimenti dall’estero. Più stabile la crescita del Ghana, che registra una media del 5-6 per cento annuo, e anche il Burkina Faso, uno dei paesi ai livelli più bassi di ricchezza, ha fatto registrare l’8 per cento in più nel 2003 e il 4 per cento nel 2004. Nonostante i progressi, in questi paesi persistono i problemi legati alla povertà, alla diffusione di malattie e alla corruzione dilagante. Il raggiungimento dei famigerati Millennium goals, gli obiettivi del millennio, resta quindi un miraggio. Gli aiuti internazionali del 2004 sono stati superiori agli anni precedenti. Ne hanno beneficiano i paesi con dei progetti di riforma, per esempio l’Etiopia, il Mozambico e la Tanzania, molto meno quelli dove l’instabilità politica rende poco chiaro l’utilizzo dei fondi, come lo Zimbabwe e la Repubblica Centrafricana. “E’ vero che gli aiuti sono aumentati ma restano al di sotto dei bisogni dell’Africa e sotto le potenzialità dei paesi donatori: in totale non raggiungono lo 0,05 del Pil aggregato dei paesi più ricchi”, ha detto Paolo Guerrieri, vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali (Iai) che ha collaborato al rapporto. “Ora le donazioni sono in forma di aiuti d’emergenza e di cancellazione del debito, ma dobbiamo fornire all’Africa gli strumenti per superare le emergenze sanitarie, la corruzione, la carenza di infrastrutture, per avviare progetti integrati con le regioni e rafforzare il settore privato dell’economia”. Il rapporto ospita un focus sul finanziamento delle piccole e medie imprese. “Il settore privato è caratterizzato da due estremi”, spiega Federico Bonaglia, economista del development Centre dell’Ocse. “Da una parte ci sono le piccole imprese locali e dall’altra le grandi aziende straniere, in mezzo il vuoto. Deve essere agevolato l’accesso al credito per le imprese di medie dimensioni se si vuole ottenere il rilancio e lo sviluppo sostenibile dell’Africa”. Lo ribadisce anche Luciano Borin, direttore delle operazioni nel settore privato della Banca Africana di sviluppo: “Serve un intervento moralizzatore per risolvere il problema della ‘governance’ e della corruzione. Un altro limite è legato alle infrastrutture, che le amministrazioni pubbliche non sono in grado di pianificare e per le quali ci vogliono più investimenti dei privati. Basti pensare che l’Africa ha il 7 per cento della capacità idroelettrica mondiale e solo il 3 per cento di essa è sfruttata”. Gli ingredienti necessari per vincere le sfide del continente africano sono sul tappeto. Non resta che attendere le decisioni dei grandi della terra che si riuniranno dal 6 all’8 luglio in Scozia per il summit del G8.

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