Protoni contro il tumore

Unire fisica e industria per ottenere dei risultati medici. Con questo spirito è stata avviata ai Laboratori Nazionali del Sud (Lns) dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) di Catania, in collaborazione con gli Istituti di Oftalmologia e Radiologia e il Dipartimento di Fisica dell’Università di Catania, la sperimentazione sull’essere umano – primo caso in Italia – della cura del melanoma della coroide (tumore dell’occhio) con l’irraggiamento di fasci di protoni. Tre i casi trattati da gennaio a oggi, sei gli interventi programmati per il prossimo mese di maggio. Al Centro di cultura scientifica “Ettore Majorana” di Erice, nell’ambito del workshop “Fisica e Industria”, promosso dal 17 al 21 aprile dall’Infn, è stato tracciato un primo bilancio della nuova terapia. Il progetto prende il nome di “Catana”: Centro di AdroTerapia e Applicazioni Nucleari Avanzate.

Il melanoma, che colpisce ogni anno in Italia 400 persone, è particolarmente resistente alle radiazioni convenzionali. Ecco perché si è scelto di bombardarlo con i protoni, particelle in grado di rilasciare la massima energia nel momento in cui colpiscono il bersaglio. Il vantaggio dell’uso dei fasci di protoni è anche racchiuso nella capacità delle particelle di non danneggiare le cellule e i tessuti che si trovano attorno alla massa tumorale. “L’unico effetto collaterale può essere rappresentato”, spiega Alfredo Reibaldi della Clinica Oculistica dell’Università di Catania, “da una infiammazione dell’occhio, facilmente curabile con una terapia farmacologia”. Le fasi dell’irraggiamento (quattro sedute da un minuto ciascuna) sono monitorate da un sofisticato computer che, in caso di incidente, sospende immediatamente il trattamento. Il fascio di protoni opera con precisione millimetrica: la massa tumorale da colpire, prima del trattamento, viene delimitata chirurgicamente con delle clips in tantalio. Il paziente, seduto su una speciale sedia (anche questa comandata dal computer), ha la testa immobilizzata e il volto coperto da materiale protettivo. Quando due simulazioni – come previsto dal protocollo terapeutico – forniscono risultati ottimali, si procede all’irraggiamento. “In quattro sedute”, spiega Giacomo Cuttone dei Laboratori Nazionali del Sud, “vengono assorbiti dal paziente 60 gray (un gray corrisponde all’assorbimento di un Joule in un chilogrammo di materia); nei trattamenti tradizionali la dose di radiazioni assorbite è di circa due gray per seduta. Ricorriamo a irraggiamenti massicci perché il melanoma della coroide è particolarmente radioresistente: non possiamo dargli uno “schiaffetto”, perché rischiamo di non scalfirlo”.

“In tre anni”, continua Cottone, “siamo passati dall’allestimento del prototipo fino alla sperimentazione sull’essere umano: un successo ottenuto grazie al lavoro sinergico tra fisici e medici. Un cammino non facile: curare un paziente in un laboratorio di fisica nucleare, fuori da un ambiente ospedaliero, comporta, infatti, l’attuazione di una serie di precauzioni non indifferenti”.

Adesso i Laboratori Nazionali del Sud di Catania, si candidano a diventare punto di riferimento per il Mediterraneo. In quest’ottica rientra la richiesta che a giorni sarà inoltrata al Ministero della Salute per ottenere l’autorizzazione a eseguire una sperimentazione sull’essere umano anche per un’altra patologia dell’occhio: la degenerazione maculare senile che, ogni anno, in Italia, colpisce circa tremila persone di età superiore ai 55 anni, con gravi ripercussioni sulla capacità visiva. “Sono fiero di lavorare con l’Infn”, dice il professor Reibaldi, “e credo che questa collaborazione possa portarci a nuovi, importanti, successi in campo terapeutico”.

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