Pulizia contro la legionella

Una malattia banale che può risultare mortale. È la legionellosi, patologia che nei soggetti sani non crea problemi ed è anche asintomatica, ma che nei pazienti con deficit immunitario può avere effetti tutt’altro che trascurabili. Il batterio responsabile della malattia si annida prevalentemente negli impianti di acqua calda e nei condizionatori d’aria; tuttavia, si trova pure, seppur in concentrazione nettamente minore, nel fango, nella vegetazione, nelle terre umide. L’alta probabilità di contagio ha spinto la Scuola superiore di Epidemiologia e Medicina preventiva della Fondazione “Ettore Majorana” di Erice a dedicare all’argomento uno specifico workshop monotematico, riunendo attorno a un tavolo di lavoro igienisti provenienti da tutt’Italia.

“Per evitare il contagio”, spiega Gaetano Maria Fara, direttore del dipartimento di Scienze della Sanità pubblica dell’Università “La Sapienza” di Roma, “basterebbe effettuare dei controlli periodici negli impianti di acqua calda e nei condizionatori, praticando una semplice disinfezione; purtroppo il problema è sottovalutato: anche nelle docce di molti alberghi a cinque stelle l’acqua non esce in maniera uniforme, segno questo che l’impianto non è stato pulito da molto tempo”. Come possiamo difenderci quando siamo fuori casa, quindi? “Con metodi artigianali: basta mettere dell’aceto, oppure del viacal nella parte terminale della doccia (dopo averla opportunamente smontata) per evitare il contagio; certamente non possiamo far nulla per i condizionatori d’aria, possiamo solo spegnerli. Del resto quando il tasso di umidità non è particolarmente elevato, piuttosto che ricorrere all’aria condizionata, è sempre bene servirsi di un comune ventilatore”.

Eliminare i germi della legionella è quasi impossibile; tuttavia, quello che gli esperti consigliano è di impedire la loro proliferazione, mantenendo una bassa concentrazione batterica in quelli che vengono considerati gli habitat naturali: “se la concentrazione è inferiore a mille germi per litro di acqua”, assicura Fara, “non si corrono rischi; la situazione diventa preoccupante quando questa concentrazione raggiunge le diecimila unita’”.Ospedali, caserme e alberghi (per l’impiego di acqua calda), aeroporti, supermercati e, in generale tutti i luoghi pubblici dove sono installati impianti di condizionatori d’aria, sono i luoghi maggiormente a rischio. “Fortunatamente”, dice Fara, “gli impianti di acqua calda più moderni sono maggiormente sicuri: i germi vivono benissimo tra i 25 e i 50, 60 gradi, pertanto, si annidano molto facilmente nei recipienti di accumulo di acqua calda. Gli impianti moderni che non immagazzinano l’acqua, ma che scaldano solo quella che serve per il consumo, forniscono molte più garanzie”.

Lo scorso anno, in Italia ci sono stati cinque decessi per legionellosi. Otto i morti registrati in Francia. E proprio su un aereo che copriva la tratta da Torino a Parigi, nel 2004, è stata accertata (nell’ambito di un’attività di controllo praticata in applicazione della legge 626 sulla sicurezza nel posto di lavoro) la presenza dei batteri. “Tra i fattori di rischio correlati alla colonizzazione dei sistemi idrici artificiali alcuni sono noti, come la temperatura dell’acqua e fenomeni di ristagno; altri, per ora solo sospetti, sono relativi alla composizione chimica dell’acqua (metalli, durezza), al suo contenuto organico, alla presenza di altri microrganismi, al clima ed a particolari condizioni contingenti”, ha sottolineato Erica Leoni del dipartimento di Medicina e Sanità pubblica (sezione di Igiene) dell’Università di Bologna. Recentemente, inoltre, “sono state segnalate come possibili fonti di rischio anche vasche per idromassaggio, dispositivi per aerosol, fontane decorative e riuniti odontoiatrici”, va avanti la ricercatrice. Tuttavia, non mancano – specialmente in presenza di casi sporadici ed isolati di contagio – gli episodi in cui non è possibile stabilire con certezza la fonte del contagio: ”E’ probabile”, aggiunge Erica Leoni, “che anche l’esposizione ad acqua contaminata, in ambienti che non rientrano in quelli definiti tradizionalmente a rischio, possa rappresentare una sorgente d’infezione”.

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