Quei pesticidi nel piatto

Entro il Duemila tutti i paesi membri della Comunità europea dovranno aver recepito la direttiva 91/414 che regolamenta l’uso dei pesticidi. Per questa data, i partner europei dovranno aver analizzato e monitorato gli effetti di 800 principi attivi e 8 mila composti. E per la realizzazione di questo obiettivo sono stati assegnati a ogni Stato 10 mila miliardi e un certo numero di sostanze da esaminare. Ma a tutt’oggi l’Italia non ha utilizzato i fondi e può vantarsi di aver analizzato soltanto due pesticidi, meritandosi l’ultimo posto in classifica, dietro Spagna, Grecia e Portogallo.

“Sui pesticidi manca totalmente nel nostro paese qualsiasi politica di prevenzione, monitoraggio e informazione per agricoltori e cittadini”, afferma Cesare Donnhauser, responsabile per l’agricoltura di Legambiente e consigliere del ministro dell’Ambiente. “La legislazione in materia risale a trent’anni fa, nei decenni successivi il buio normativo è stato totale. Ora Legambiente ha presentato per la prima volta una Legge Quadro sull’argomento e alla cui stesura hanno partecipato esperti sanitari, agricoli e ambientali”. Di questa proposta di legge si è discusso durante un recente convegno tenutosi a Roma: “Esposizione ai pesticidi con particolare riguardo all’infanzia”, organizzato dall’Istituto Italiano di Medicina Sociale. Tre i punti salienti del testo che vorrebbe influenzare la politca italiana dei pesticidi. Primo, l’istituzione di un’Agenzia di controllo finanziata dalla Comunità europea. Secondo, la messa a punto di limiti che regolino la presenza simultanea di più sostanze chimiche sullo stesso alimento. Terzo, il riconoscimento dell’infanzia come categoria particolarmente a rischio.

Sono i bambini, infatti, a correre i maggiori pericoli. Diversi sono i motivi: una più abbondante quantità di cibo ingerito in rapporto al peso; maggiore proliferazione cellulare tipica dell’età dell’accrescimento; minore capacità di disintossicazione dell’organismo e incompleta formazione del sistema immunitario. Una recente ricerca dell’Envirnomental Working Group (Ewg), organizzazione non governativa impegnata in una campagna per la riforma della normativa sui pesticidi negli Stati Uniti, rivela che l’utilizzo di pesticidi accresce di 10 volte tra i bambini il rischio di cancro ritenuto accettabile (la possibilità che un individuo su un milione si ammali di tumore nell’arco della vita).

Leucemia, linfomi, sarcomi dei tessuti molli e tumori cerebrali vengono associati all’uso diretto di sostanze chimiche in agricoltura. Ma solo di recente è stato ipotizzato che l’esposizione a pesticidi possa causare un aumento dei tumori infantili. “Sebbene i tumori pediatrici siano un evento raro, questi rappresentano, dopo le cause accidentali, la prima causa di morte tra i più piccoli. Per la maggior parte dei casi non è però oggi possibile identificare con certezza una causa specifica”, spiega Francesco Forastiere, dell’Osservatorio Epidemiologico del Lazio. “Tuttavia, sono stati segnalati casi di leucemia e di neuroblastoma in bambini che erano stati esposti a clordano, eptacloro o a insetticidi organofosforici. Ma il rischio di leucemia aumenta anche per esposizione indiretta tra i bambini la cui madre era stata esposta a pesticidi in gravidanza o i cui genitori risultavano altamente esposti sul luogo di lavoro oppure per uso domestico e giardinaggio”.

Fitofarmaci, antiparassitari, fungicidi e anticrittogamici sono responsabili anche di malformazioni fetali: più dell’80 per cento degli studi effettuati negli ultimi dieci anni dimostrano un’associazione positiva tra pesticidi e difetti congeniti, in particolare difetti del sistema nervoso, difetti muscolo-scheletrici e labiopalatoschisi (malformazioni di labbra e palato), mentre l’utilizzo dei solventi risulta particolarmente dannoso per lo sviluppo dell’apparato Troppo facile dire che il rischio non è ancora accertato, che gli studi sono pochi e contraddittori. “I bambini sono i più deboli, non possiamo permetterci di aspettare: anche se oggi non sappiamo quali effetti può avere la chimica di sintesi nella fase di sviluppo è necessario agire in via precauzionale e preventivamente, mentre troppo spesso in Italia ai provvedimenti si arriva soltanto con l’emergenza”, sottolinea Donnhauser. “Si dovrebbe stabilire per legge, per esempio, che soltanto i prodotti biologici o quelli che garantiscono il minimo uso di sostanze chimiche entrino nelle mense dei nidi, delle materne e delle elementari”.

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