Quel quadro racconta la scienza

Spesso nel passato il genio della pittura ha coinciso con il genio scientifico: è il caso di Piero della Francesca, definito come uno dei più grandi matematici europei del Quattrocento. O come Leonardo da Vinci. O, ancora, come il futurista Giacomo Balla, che nei suoi quadri presagì in forma pittorica le due prove sperimentali della teoria della relatività generale di Einstein.

Ora, con la mostra “La ragione e il metodo: immagini della scienza nell’arte italiana dal XVI al XIX”, organizzata dall’Associazione promozione iniziative culturali di Cremona, in esposizione al centro culturale Sant’Agostino di Crema fino al 27 giugno, è possibile scoprire un altro legame tra scienza e pittura. Una relazione particolare e ancora poco diffusa: la testimonianza attraverso i dipinti di come l’interesse per la scienza si sia diffuso nella vita sociale dal Rinascimento in poi.

Una settantina le opere esposte, tra cui spiccano i volti degli scienzati dipinti dai più famosi pittori, insieme ad una collezione di strumenti scientifici antichi. I committenti all’epoca erano generalmente di estrazione colta, e gli autori erano artisti del calibro di Leonardo, Caravaggio, Guercino, Caracci, Jacopo de’ Barbari. Un percorso espositivo pieno di novità che Galileo ha chiesto di svelare a Enrico Gamba, professore di Storia della Matematica all’Università Cattolica di Brescia, e curatore della mostra.

Professore, quale relazione esiste tra la pittura e la storia della scienza?

“I dipinti sono dei documenti importanti per comprendere come un’idea scientifica sia stata capita e divulgata in un particolare momento storico. Per gli storici della scienza diffusa, infatti, il problema non è quello di identificare l’autore di un’innovazione o di una scoperta, ma di valutarne il suo impatto sulla cultura e sul pensiero scientifico dell’epoca. Il grande Leonardo da Vinci, per esempio, ha elaborato idee scientifiche eccezionali, ma nessuno dei suoi contemporanei le ha mai conosciute, perché nessuno aveva mai letto i suoi scritti. Paradossalmente, quindi, Leonardo non ha condizionato il pensiero scientifico dei suoi contemporanei. Al contrario, il suo amico e matematico Luca Pacioli, ha avuto più influenza sulla scienza dell’epoca perché ha divulgato i suoi lavori, anche se le sue idee erano sicuramente meno geniali di quelle di Leonardo”.

Ma nel Rinascimento erano molti i pittori che si dilettavano di matematica?

“Sicuramente. Piero della Francesca è stato uno dei più grandi matematici del Quattrocento, probabilmente più dello stesso Leonardo. Senza conoscere il calcolo differenziale, è riuscito a trovare l’esatta formula della superficie della volta a crociera. Ed è il primo che riesce a disegnare i poliedri in assonometria e in prospettiva. Prima di lui, nessuno sapeva come visualizzare un poliedro. Quella del Rinascimento è stata una stagione davvero unica. In seguito, i pittori hanno subìto la suggestione degli scienziati: Maurits Cornelius Escher, per esempio, il grande grafico olandese del primo Novecento, ha fatto delle opere molto interessanti, ma di matematica non sapeva un granché. Era piuttosto un visualizzatore di cose di matematica”.

Spesso, però, l’evoluzione della pittura è proceduta parallelamente a quella della scienza…

“Certamente. Nella storia scientifica ci sono due momenti importanti: l’affermarsi della scienza moderna nel Cinquecento, e quella che gli studiosi definiscono la “seconda rivoluzione scientifica” nel Novecento. Le due epoche coincidono con altrettanti grandi cambiamenti in campo pittorico. Nel Rinascimento, questa coincidenza è documentata dal quadro di Jacopo de’ Barbari, ‘Doppio ritratto’, mentre nel nostro secolo, a testimoniare questo cambiamento è il movimento dei futuristi. Tra il Seicento e l’Ottocento, invece, la pittura descrive in modo stantardizzato una scienza che continua a vivere dell’eredità galileiane e newtoniane. I suoi soggetti tipici sono le rappresentazioni di uomini celebri. Il famoso quadro del 1898, “Alessandro Volta che illustra a Napoleone il funzionamento della sua pila” di Giuseppe Bertini è l’ultimo atto di questa celebrazione scientifica. Da lì a quattro anni un nuovo movimento, quello dei Futuristi, cambierà l’idea di pittura”.

Lei ritiene che il quadro di Jacopo de’ Barbari rappresenti un punto di svolta decisivo. Un documento che testimonia l’inizio della scienza moderna. Ma cosa c’è di così importante?

“Il ‘Doppio ritratto’ del de’Barbari è la prima rappresentazione di un matematico contemporaneo, frate Luca Pacioli. In precedenza, le normali rappresentazioni della scienza avevano soggetti allegorici, come la musa Urania o personaggi mitici come l’astronomo Tolomeo. Qui, invece, il matematico è all’opera, circondato dai suoi ferri del mestiere – lavagna, libro, compasso, modelli di poliedro – immerso nelle sue costruzioni geometriche e nei suoi calcoli. L’autore del quadro ha cercato in tutti i modi di rendere l’episodio reale. La scienza sta cambiando, e sta nascendo nella società un nuovo ruolo scientifico, quello del matematico”.

E per il Novecento, come è documentata la trasformazione?

“All’inizio del nostro secolo si ha un forte cambiamento: si trasforma la fisica, ma si trasforma anche la pittura. Gli artisti scoprono le forme geometriche e cominciano a rappresentare concetti scientifici come la luce. Contemporaneamente gli scienziati scoprono la relatività generale, e la meccanica quantistica. Giacomo Balla, per esempio, possedeva un cannocchiale con cui osservava il cielo. Il suo famoso dipinto ‘Mercurio passa davanti al Sole visto dai cannocchiali’ è del 1914. E’ certamente una coincidenza curiosa, ma proprio le osservazioni sul moto del pianeta Mercurio e la deviazione dei raggi delle stelle in prossimità del Sole sono state le due prove sperimentali della relatività generale di Einstein”.

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